Papa Leone: l’umanità grida e invoca la pace

ROMA\ aise\ - “Si susseguono notizie allarmanti dal Medio Oriente, soprattutto dall’Iran. In questo scenario drammatico, che include Israele e Palestina, rischia di cadere in oblio la sofferenza quotidiana della popolazione, specialmente a Gaza e negli altri territori, dove l'urgenza di un adeguato sostegno umanitario si fa sempre più pressante”. Così Papa Leone al termine dell’Angelus di ieri, 22 giugno, di fronte a fedeli e pellegrini raccolti in piazza San Pietro per la solennità del Corpus Domini. “Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco”.
“La guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi”, ha proseguito il Pontefice. “Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato”.
“Che la diplomazia faccia tacere le armi!”, l’appello di Leone. “Che le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!”, ha aggiunto.
Nel corso dell’Angelus Prevost aveva ricordato che ieri si celebrava l”a Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo, il Corpus Domini, e il Vangelo racconta il miracolo dei pani e dei pesci (cfr Lc 9,11-17). Per sfamare le migliaia di persone venute ad ascoltarlo e a chiedere guarigione, Gesù invita gli Apostoli a presentargli il poco che hanno, benedice i pani e i pesci e ordina loro di distribuirli a tutti. Il risultato è sorprendente: non solo ciascuno riceve cibo a sufficienza, ma ne avanza in abbondanza (cfr Lc 9,17)”.
Come ha spiegato Papa Leone “il miracolo, al di là del prodigio, è un “segno” e ci ricorda che i doni di Dio, anche i più piccoli, crescono tanto più quanto più sono condivisi. Noi però”, ha proseguito, “leggendo tutto questo nel giorno del Corpus Domini, riflettiamo su una realtà ancora più profonda. Sappiamo infatti che, alla radice di ogni condivisione umana ce n’è una più grande, che la precede: quella di Dio nei nostri confronti. Lui, il Creatore, che ci ha dato la vita, per salvarci ha chiesto a una sua creatura di essergli madre, di dargli un corpo fragile, limitato, mortale, come il nostro, affidandosi a lei come un bambino. Ha condiviso così fino in fondo la nostra povertà, scegliendo di servirsi, per riscattarci, proprio del poco che noi potevamo offrirgli (cfr Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, IV, 3)”.
“Pensiamo a come è bello quando facciamo un regalo – magari piccolo, proporzionato alle nostre possibilità – vedere che è apprezzato da chi lo riceve”, ha detto Leone; “come siamo contenti quando sentiamo che, pur nella sua semplicità, quel dono ci unisce ancora di più a quelli che amiamo. Ebbene, nell’Eucaristia, tra noi e Dio, avviene proprio questo: il Signore accoglie, santifica e benedice il pane e il vino che noi mettiamo sull’Altare, assieme all’offerta della nostra vita, e li trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, Sacrificio d’amore per la salvezza del mondo. Dio si unisce a noi accogliendo con gioia ciò che portiamo e ci invita ad unirci a Lui ricevendo e condividendo con altrettanta gioia il suo dono d’amore. In questo modo – dice S. Agostino – come dai “chicchi di grano, radunati insieme […] si forma un unico pane, così nella concordia della carità si forma un unico corpo di Cristo” (Sermo 229/A, 2)”. (aise)