Nel 2026 Torino sarà il cuore pulsante dell’archeometria
TORINO\ aise\ - Torino ospiterà il prossimo simposio internazionale di archeometria (45th International Symposium on Archaeometry - ISA2026), previsto nel mese di maggio 2026. L’ISA è il più grande evento internazionale legato a tematiche di archeometria, organizzato ogni due anni in una diversa città nel mondo. L’ultima edizione si è tenuta nel maggio di quest’anno a Melbourne, in Australia, dove Monica Gulmini (Dipartimento di Chimica) e Alessandro Re (Dipartimento di Fisica) dell’Università di Torino hanno presentato la candidatura del capoluogo piemontese, aprendo le porte della città ai più di 500 esperti a livello mondiale, attesi per l’edizione nel 2026.
Ma cos’è l’archeometria?
Nessuno ha dubbi nel collocare il lavoro di un archeologo o di una archeologa tra siti archeologici, reperti e antichità. Tuttavia, i reperti archeologici possono essere studiati e interpretati anche attraverso gli occhi di molte altre discipline scientifiche come la chimica, la fisica, la biologia, le scienze della Terra, l’informatica e la matematica. I reperti archeologici sono le ultime tracce materiali delle popolazioni scomparse, quindi ogni reperto è prezioso per ottenere il massimo delle informazioni. Le varie discipline scientifiche giocano oggi un ruolo molto importante per interrogare efficacemente i reperti, potendo ciascuna dare un contributo al loro studio.
L’insieme delle attività svolte nell’ambito di varie discipline che contribuiscono a rispondere alle domande degli archeologi ha il nome di archeometria. Questo termine “ombrello” – spiega l’Università di Torino – unisce diverse discipline scientifiche che interagiscono tra loro e con l’archeologia per scoprire, per esempio, l’età, la provenienza, la tecnologia di produzione e l’uso dei manufatti, per saggiare il terreno alla ricerca dei punti interessanti per lo scavo, per trovare le tracce dell’ambiente, della flora e della fauna del passato, per interpretare le migrazioni delle popolazioni e molto altro ancora.
Gli “archeometri”, cioè gli scienziati e le scienziate che, pur non essendo archeologi, studiano i materiali archeologici, hanno maturato un’esperienza specifica, perché i reperti richiedono competenze dedicate. Ciascuno di loro, tuttavia, mantiene i metodi propri della disciplina di origine, portando il proprio punto di vista a supporto dell’archeologia.
Da sempre Torino ha mostrato la volontà di essere all’avanguardia nella protezione e nella fruizione del patrimonio culturale, che è polo di attrazione per residenti locali e visitatori nazionali ed internazionali.
Il capoluogo piemontese ha anche una lunga e consolidata tradizione in campo archeometrico: i musei archeologici locali sostengono e incoraggiano le analisi sui reperti e alcuni importanti istituzioni del territorio, tra cui vari Dipartimenti dell’Università di Torino, dispongono di laboratori e personale dedicato che contribuiscono a formare le nuove generazioni di ricercatori e ricercatrici in questo particolare settore applicativo. (aise)