Cgie: l’intervento dei parlamentari

ROMA\ aise\ - Cittadinanza, azioni bipartisan e ruolo del Cgie i temi al centro dei contributi degli eletti all’estero che questa mattina sono intervenuti nella sessione inaugurale dell’assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all’estero in corso a Roma. Simone Billi (Lega), Andrea Crisanti, Nicola Carè, Christian Di Sanzo e Fabio Porta (Pd), Mario Borghese (Maie) e Andrea Di Giuseppe (FdI) hanno assistito ai lavori in diversi momenti. Con loro Toni Ricciardi (Pd), che è anche consigliere Cgie. Non tutti sono intervenuti.
Ha parlato della riforma della cittadinanza Fabio Porta (Pd), secondo cui il Cgie deve raccogliere l’invito del Presidente Mattarella a far sentire la sua voce in merito. Si tratta di “una occasione storica” per cercare di rimarginare la “ferita” inferta dalle nuove norme, frutto anche della “narrazione distorta e aggressiva dei mass media italiani sulle nostre collettività”. “Tutti i nostri problemi, anche sulla cittadinanza, derivano dalla mancata conoscenza della storia dell’emigrazione, di quello che siamo stati, ma soprattutto di chi siamo oggi”. L’Italia sta diventando “un Paese che si chiude”, ha stigmatizzato Porta che ha invitato il Cgie a “prendere posizione” anche sulle disfunzioni che hanno portato “al mancato arrivo di 30mila schede elettorali in Venezuela” in occasione dei recenti referendum abrogativi. Un grave “vulnus per la democrazia, dovuto ad un grave malfunzionamento della macchina consolare”.
Contro la riforma sulla cittadinanza anche il senatore Andrea Crisanti (Pd) che pur riconoscendo “l’atteggiamento costruttivo del sottosegretario Silli in Commissione”, ha fortemente criticato il provvedimento che si abbatte sugli italiani all’estero. “Ci sono più di 7 milioni di iscritti Aire, persone che sono partite per necessità, per la mancanza di opportunità in Italia. Ora, limitiamo anche il loro diritto di trasmettere la cittadinanza”. Citato il contributo dato dagli italiani all’estero con le rimesse, dal 1918 e per 40 anni, così come “l’amore che hanno coltivato per l’Italia”, il senatore ha sostenuto che la nuova legge ha inferto “una cesura difficile da rimarginare”. La legge è “un insulto della memoria degli italiani all’estero”.
Anche se non più con le rimesse gli italiani all’estero continuano a contribuire all’economia del Paese, gli ha fatto eco Francesco Giacobbe (Pd): “le rimesse non sono solo soldi, ma anche la promozione del made in Italy, la penetrazione dei mercati esteri, la capacità degli italo discendenti che trasmettono italianità nelle società in cui vivono. Come dice sempre il collega Carè, le seconde e terze generazioni sono protagoniste della crescita dei Paesi dove vivono. Non lo dimentichiamo”. L’unica cosa positiva della legge, ha aggiunto, è la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza: “facciamo in modo di non sprecarlo: c’è un anno di tempo per registrare i figli minorenni, facciamo sì che ci siano risorse necessarie per le sedi diplomatiche”, l’invito del senatore che ha pure sottolineato come sui siti dei consolati sono pubblicate “istruzioni diverse”.
Dopo la protesta di Papandrea (Australia) sul tempo dedicato ai parlamentari la parola è passata ad Andrea Di Giuseppe, eletto con Fratelli d’Italia, alla sua prima plenaria. Un intervento molto contestato, il suo, visto che ha sostenuto, prima, che se fosse stato per lui il “decreto cittadinanza sarebbe stato ancora più restrittivo” e poi perché ha messo in discussione l’esistenza e l’utilità del Cgie.
“Ciò che è avvenuto negli ultimi 10 anni per i passaporti è stato un mercimonio”, ha detto Di Giuseppe. “Essere italiano è questione di orgoglio, il passaporto ha delle regole che comportano dei doveri. Finalmente il Governo ha messo fine a queste pratiche”. Quanto al Cgie, “è nato prima dell’ingresso in Parlamento degli eletti all’estero. Se voi non rispondete insieme alla nuova emigrazione, alle necessità dei nuovi italiani, come me, delle imprese italiane che operano all’estero e ci focalizziamo solo sulle comunità di prima e seconda generazione, il Consiglio generale sparirà e non per scelta di Governo, per i fatti”.
Sul fronte parlamentare, Di Giuseppe ha ammesso che “con i colleghi siamo divisi su molto, ma anche convergenti su tanto altro, perché i problemi delle collettività sono gi stessi. Tutto sommato un’unità c’è. Ma, anche qui, se non diamo risposte alla nuova emigrazione, questi consessi – il Cgie così come la circoscrizione estero - si svuotano di contenuto, perché non danno risposte. Questo Governo – ha concluso – sta mettendo mano a tematiche spinose lasciate abbandonate per anni”.
A Di Giuseppe, la segretaria generale Prodi ha ricordato che lei stessa, così come il vicesegretario per l’Europa Stabile, sono esponenti della nuova emigrazione e che “il Cgie non è estraneo al successo della legge che le ha permesso di essere eletto”; il sottosegretario Silli ha dato merito al deputato di “mettere in gioco se stesso” ricordando poi di aver detto anche lui che “i tempi sono cambiati. Se la buttiamo in politica è un conto, ma tra di noi dobbiamo confrontarci su questo tema, così come sul voto”. La presenza degli eletti all’estero, ha ribadito Prodi, “non certifica l’inutilità degli altri organismi di rappresentanza”. D’altra parte un lavoro comune ha più probabilità di portare a casa risultati, come certificato anche da Christian Di Sanzo (Pd) che nel suo contributo ha evidenziato l’importanza dell’azione bipartisan in Parlamento. “Ha funzionato con la legge a prima firma Ricciardi, firmata da tutti i colleghi, per il fondo di 4 milioni da dedicare ai servizi consolari” così come “io e Di Giuseppe dialoghiamo in maniera costante sulla pdl sull’assistenza sanitaria che dovrebbe essere calendarizzata il mese prossimo”.
Sulla cittadinanza, invece, non c’è stata nessuna convergenza e non per mancanza di volontà: “nessuno ci ha avvertito dell’arrivo del decreto. Al di là della disponibilità personale del sottosegretario Silli, il Governo ci ha privato della possibilità di un’azione bipartisan su un tema che nessuno approcciava con pregiudizio. Certo ci sono storture nel mondo e c’era disponibilità a discuterne, invece si è andati con l’accetta quando serviva il bisturi. Nel giro di una generazione gli italiani all’estero saranno decimati”. Per il deputato, Maeci e Dgit devono affrettarsi a dare chiare istruzioni alla rete diplomatico-consolare sull’applicazione delle nuove norme: “i siti ufficiali non sono aggiornati, in particolare sulla registrazione dei figli minori che costerà 200 euro e che va fatta entro il 31 maggio 2026. Qua si rischia un altro 1992 quando del termine per il riacquisto inserito nella legge 91 non sapeva niente nessuno. La nuova legge creerà nuovi esodati”, ha concluso. (m.c.\aise)