Gargiulo (Cgie) scrive a Tajani: Ius Sanguinis diritto che va disciplinato e collegato a requisiti

SANTIAGO DEL CILE\ aise\ - Il Consigliere del Cgie per il Cile, Nello Gargiulo, ha scritto in queste ore una lettera al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nonché presidente del CGIE, Antonio Tajani, in cui ha cercato di delineare quello che a suo avviso è il principio fondante della cittadinanza Italiana “Ius Sanguinis”, per il quale si avvicina un dibattito che a suo modo di vedere non solo deve avere come protagonisti la politica, ma anche le comunità di italiani all’estero che devono poter esprimere il loro proprio punto di vista.
Nella lettera, Gargiulo spiega la situazione del Cile, Paese nel quale risiede: “una delle terre più lontane, dove sono dal 1980 e dove, secondo i calcoli stimati, la popolazione degli oriundi di origine italiana è stimata tra i 400 mila e i 500mila. Un vasto bacino potenziale di italianità in un paese di 18 milioni di abitanti, in cui si riscontrano fenomeni di depressione demografica e denatalità. Gli attuali connazionali con doppia cittadinanza (italiana e cilena) già superano gli 80.000. Frequentemente, mi trovo di fronte ad oriundi che chiedono informazioni per sapere come fare per accedere a questo “potenziale diritto” anche quando sono passate diverse generazioni. Naturalmente, le cose sono semplici quando i genitori registrano i figli presso il consolato prima dei 18 anni di età; ma come ben sappiamo cambiano nei casi in cui bisogna ricostruire l’albero genealogico di 2-3-4 e più generazioni. Nella maggior parte dei casi i richiedenti, tutti di maggiore età, non posseggono competenza alcuna né nella lingua né nella cultura civica italiana”.
È proprio su quest’ultimo punto che si concentra l’intervento del Consigliere Cgie, perché il non avere competenza di lingua e cultura italiana da parte delle nuove generazioni di discendenti, “pone seri problemi in termini sia di depauperamento dell’italianità che di sovraccarico di lavoro e dispendio di energie e risorse nei consolati”.
Per tutte queste ragioni, secondo Gargiulo “andrebbero seriamente riconsiderati i requisiti e i meccanismi di riconoscimento della cittadinanza, più opportunamente legati alla conoscenza della lingua e della cultura civica, che possono essere conseguiti attraverso organismi certificatori formalmente riconosciuti, come già avviene nel caso della cittadinanza richiesta per matrimonio”.
Per questo, il Consigliere ha “sommessamente” consigliato di realizzare un “emendamento all’attuale legge affinché la cittadinanza abbia opportuni limiti. In questo modo potremmo acquisire nuovi cittadini e nuovi votanti consapevoli, responsabili ed informati all’italianità”.
“Il requisito della lingua – ha aggiunto ancora Gargiulo - potrebbe essere un elemento da considerare anche in quei casi dove nonni o genitori sono stati costretti a rinunciare alla cittadinanza italiana per motivi di lavoro o di soggiorno nelle terre di emigrazione. Il diritto di recupero in molti casi di prime e seconde generazioni andrebbe adeguatamente considerato come un “atto di benevolenza” anche perché la linea Ius Sanguinis in questi casi si è vista interrotta non per una libera scelta del connazionale. Per questi casi, una modifica della legge potrebbe farsene carico con la condizione di compiere con il requisito certificato, della conoscenza della lingua italiana come un principio fondante della cittadinanza italiana”.
“All’interno del nostro CGIE (sono alla seconda consiliatura) vedo che il tentativo di trovare una disciplina sul contenuto dei diritti e doveri che deve avere la cittadinanza per i nati all’estero stenta ad affermarsi – ha infine concluso -. Il fenomeno senza dubbi va disciplinato”. (aise)