Crocco (MEIH): dazi, maxi commesse e strategia spingono il boom dell’export italiano negli USA

ROMA\ aise\ - L’export italiano verso gli Stati Uniti corre. Gli ultimi dati ISTAT parlano di una crescita a doppia cifra, sostenuta da ordini di alto valore: navi, macchinari, forniture speciali. Un risultato di grande impatto, ma che — avverte Alessandro Crocco, presidente del Mediterranean Export Innovation Hub (MEIH) — va analizzato con attenzione e invita a distinguere l’effetto-spot dalla dinamica strutturale.
“Non è solo una questione di quantità, ma di contenuto – spiega Crocco -. Grandi forniture consegnate tutte insieme possono far sembrare il mese eccezionale. In realtà, settori ad alta intensità di valore spesso lavorano per progetti, con consegne concentrate in finestre ristrette. È normale che ciò generi picchi non ripetibili nel breve periodo”.
“Un’altra componente, meno visibile - precisa - ma decisiva, riguarda le scelte tattiche degli importatori statunitensi di fronte all’innalzamento dei dazi. Molte aziende americane hanno anticipato gli acquisti, riempiendo i magazzini prima dell’entrata in vigore delle nuove maggiorazioni. In questo modo hanno concentrato la domanda in un’unica finestra temporale, che in condizioni normali si sarebbe distribuita su più mesi”.
Il segnale resta incoraggiante, ma va contestualizzato. “L’exploit americano - afferma l’imprenditore italo americano - non si ridimensiona: si mette a fuoco. Oltre il picco, emerge una domanda reale per i prodotti italiani, che premia qualità, servizio e affidabilità”.
È qui che si gioca la vera sfida. “La buona notizia — osserva — è che questo risultato certifica la forza del Made in Italy e la capacità delle nostre filiere di intercettare una domanda qualificata. Ma ora serve lucidità: niente euforia da dato singolo. Bisogna governare prezzi e condizioni, dazi inclusi, presidiare tempi e documentazione, e soprattutto presentarsi al mercato americano non come ospiti occasionali, ma come partner stabili”.
“Il mercato USA - spiega il presidente di MEIH - è esigente e selettivo. Non perdona improvvisazione. La linea è semplice. Pianificare sulle medie, non sui picchi. Negoziare condizioni sostenibili. Garantire puntualità, correttezza documentale, e un’assistenza post-vendita di livello. Gli Stati Uniti non premiano l’apparizione, premiano la presenza”.
In questa direzione lavora il Mediterranean Export Innovation Hub — realtà nata per preparare le piccole e medie imprese italiane, in particolare del Sud, a entrare nei mercati internazionali in modo strutturato. Il MEIH si occupa di formazione mirata, affiancamento tecnico, simulazioni operative, accesso a investitori e costruzione di reti globali.
“Esportare davvero - sottolinea Crocco - significa conoscere i mercati: regole, canali, prezzi, abitudini dei buyer. Significa costruire un’offerta solida: listini chiari, contratti ben fatti, documentazione doganale completa. Serve organizzare la filiera: logistica, consegne, assistenza. E soprattutto serve gestire i rischi: cambio, credito, pagamenti.
Dietro ogni esportazione riuscita non c’è solo un buon prodotto: c’è metodo, preparazione e visione. Il numero fa notizia - conclude - ma è l’interpretazione a generare strategia. Se distinguiamo il congiunturale dallo strutturale, e presidiamo i nodi decisivi l’onda iniziale non si disperderà. Diventerà una rotta. L’Italia cresce, sì. Ma non basta esserci: bisogna restarci, con forza, coerenza e competenza”. (aise)