Per i sardi all'estero serve un associazionismo al passo coi tempi - di Pietro Fadda

GINEVRA\ aise\ - L’associazionismo sardo nel mondo ha l’esigenza di decollare. E perché ciò sia possibile occorre passare dalla fase in cui, grazie anche al sostegno generoso della sua Regione, questo si è rivelato tra i più inossidabili e organizzati nel panorama italiano, a un’altra fase in cui sia capace di rispondere adeguatamente non solo alle attese dei corregionali sparsi nel mondo ormai da più generazioni, ma anche di giovare alla Sardegna. E ciò non solo nei problemi relativi allo spopolamento e all’invecchiamento della popolazione penalizzata sempre di più dalla perdita di risorse giovanili, ma anche di fronte alle sfide più ardue legate allo sviluppo economico e all’innovazione tecnologica, dall’approvvigionamento energetico alla transizione ecologica e quant’altro oggi sembra segnare le frontiere della modernità. Si tratta di problemi per la soluzione dei quali nel mondo dei sardi all’estero esistono risorse insospettate. A queste conclusioni, è giunto il Workshop di Bodio Ticino in Svizzera organizzato dalla relativa Federazione e dal locale circolo sardo sabato e domenica 8 e 9 giugno nella sede della municipalità locale, onorato anche dalla presenza delle autorità politiche locali coinvolte nelle manifestazioni collaterali di cultura sarda.
Più in particolare si è concordato sulla necessità di superare l’attuale fase di stallo della politica regionale che, attribuendo fin dall’inizio un ruolo all’emigrazione sarda, negli anni ha ottenuto un certo successo perché, a fronte di un investimento relativamente basso in denaro, si sono ottenuti interessanti ritorni in settori strategici dell’economia isolana, soprattutto in quelli turistico e agroalimentare oltre che nell’ambito della cultura di interesse regionale. Tuttavia, a ciò osta che le relative azioni protraendosi troppo a lungo in un quadro economico e sociale che ne ha già metabolizzato i vantaggi, rischiano di scadere in un assistenzialismo tutt’altro che produttivo basato sulla riproposizione costante di vecchi schemi e idee superate.
Queste linee sono state espresse nella relazione introduttiva del Presidente onorario della Federazione e Vice Presidente Vicario della Consulta Regionale dell’emigrazione, Domenico Scala. E poi sono state sviluppate dai coordinatori dei lavori, per primo da Leonardo Canonico, imprenditore ed economista, da tempo consulente della Federazione dei sardi in Svizzera per i problemi economici e fiscali, che ha illustrato una serie di proposte già cantierabili per una regione come la Sardegna che intendesse assicurarsene i vantaggi e alcune già presentate alle autorità locali. Una prospettiva questa che, nella visione del proponente, esalta il ruolo dell’associazionismo come strumento di mediazione e di collegamento non solo con la terra di origine, ma anche con le altre realtà geografiche in cui sono presenti e operativi i sardi conferendo così un’impronta più globale e universalistica alla stessa Sardegna.
L’altro relatore, Aldo Aledda, anche in veste di coordinatore del Comitato 11 ottobre, un think tank di iniziativa per gli italiani nel mondo oltre che esperto conoscitore del fenomeno dell’emigrazione sarda, si è soffermato a illustrare le potenzialità che vi potrebbero essere nei discendenti delle generazioni degli emigrati sardi per contribuire a risolvere i problemi dello spopolamento e della ripresa economica e sociale dell’isola attraverso il recupero delle risorse giovanili attualmente all’estero; e ciò anche alla luce della recente proposta di legge di istituzione di un visto permanente di residenza in Italia per questa parte di Italia nel mondo, oggi trattata con eccessivo sussiego dalle istituzioni e presentata di recente da alcuni parlamentari alla Camera dei Deputati.
I giovani partecipanti all’iniziativa, tenendo come punti fermi le conclusioni dei precedenti incontri di Zurigo-Lucerna e Ginevra-Losanna, hanno comunque voluto mettere in rilievo che dalle forze giovanili presenti in terra elvetica non ci si deve attendere una disponibilità illimitata a trasferirsi in Sardegna sia che si tratti dei più recenti expat sia dei discendenti delle prime generazioni di emigranti. Fatto questo, del resto, confermato dall’indagine con questionari effettuata nel corso dei vari Work Shop sui partecipanti tra i quali, pure a fronte del grande interesse per la terra di origine, neanche il 30% dichiara di avere progetti di rientro. Viceversa, nonostante vi sia qualche caso documentato di rientro di giovani, maggiore si è rivelata la disponibilità a investire in Sardegna, trasferire parti di attività e fornire eventuali consulenze professionali nelle materie di interesse regionale. E ciò naturalmente a condizione che il percorso del rientro sia bonificato dall’infausta pianta della burocrazia che tuttora lo ricopre quasi del tutto.
Tema dolente con cui è costretto a misurarsi chiunque voglia in qualche modo ritenersi parte integrante della comunità isolana e di quella nazionale è proprio il problema dell’atteggiamento delle istituzioni in cui si continuano a riscontrare tratti di sfiducia, se non di acrimonia, nei confronti dell’emigrazione italiana con l’utilizzo pervicace di strumenti burocratici in funzione punitiva e che, consciamente o inconsciamente, sembrano volti a ostacolare piani di rientro o di svolgimento di iniziative.
Il tema è stato trattato ampiamente da chi scrive, presidente del circolo sardi “Coghinas” di Bodio, che anche nella veste di dirigente sindacale che si occupa di immigrazioni straniere in Svizzera grazie alla quale ha potuto tracciare comportamenti comuni, ha illustrato le difficoltà che incontrano i sardi che intendono rientrare anche per brevi periodi nella propria isola intralciati anche nelle attività più semplici come cambiare moneta, ottenere qualche certificato a tacere di chi prova ad aprire un’impresa o trasferire un’attività; e ciò mentre relativamente alla conclamata opportunità di aprire le porte dell’isola a una fascia di pensionati svizzeri di alto livello ostacola la farraginosità del sistema sardo e italiana fatto di servizi complicati e mal gestiti con relativa perdita di preziose risorse per l’economia dell’isola. Difficoltà che, ha osservato ulteriormente il presidente Scala, si manifestano anche nei rapporti con l’associazionismo sardo gestito da burocrazie, sì volenterose e disponibili, ma spesso all’occorrenza sempre pronte a interfacciarsi con gli utenti con il volto più diffidente e garantista di cui sono capaci e atteggiamenti profondamente provinciali. In buona sostanza per raggiungere obiettivi all’altezza delle nuove missioni, oltre che un rinnovato rapporto con la sua Regione, giusta anche le osservazioni della Vicepresidente del circolo di Bodio, Michela Solinas, che ha contribuito alla riuscita dell’iniziativa favorendo il dialogo intergenerazionale, il mondo dell’associazionismo sardo necessita un aggiornamento a partire dalla sua geografia e dai suoi fini. Vale a dire un cambiamento che vada nel senso di incentivare e privilegiare le aggregazioni che siano in primo luogo rappresentative di comunità estese e, soprattutto, appaiano strutturate in modo che le loro finalità non siano costituite solo dal miraggio del contributo regionale da chiedere e sollecitare in tutti i modi in cambio di qualche iniziativa ricreativa o di corto respiro ma possiedano una ragione sociale al centro della quale sia ben ravvisabile e certo il legame con i problemi della Sardegna.
Tirando le somme della realizzazione di questo progetto che ha coinvolto tutte le organizzazioni dei sardi in Svizzera Domenico Scala, oltre che avere dato il giusto merito alla Regione che lo ha reso possibile, ha espresso la propria soddisfazione per la riuscita confermata anche dal grado di soddisfacimento della trentina di giovani selezionati per partecipare agli appuntamenti di ZurigoLucerna , Ginevra – Losanna e Bodio, come si evince dai questionari che fissano il gradimento al 90 per cento. Anche in qualità di Vicepresidente Vicario della Consulta, attualmente in carica, Scala si augura che questo tipo di iniziative non rimangano isolate e slegate o senza finalità precise limitandosi ad aggregare i giovani a scopi semplicemente conoscitivi ma siano perseguite più metodicamente e finalisticamente dalla stessa Regione perché in questo modo si creano i presupposti non solo per l’auspicato ricambio generazionale di cui ha bisogno l’associazionismo sardo ma anche per reperire le risorse e le disponibilità necessarie a rendere migliore la terra di origine, legandola anche alle nuove patrie elette dai sardi all’estero indispensabili in un mondo che diventa sempre più “glocale” (pietro fadda*\aise)
* Presidente Circolo Culturale Sardo “Coghinas” Bodio TI (CH)