Arte contemporanea alla Fondazione Bonollo di Thiene

VICENZA\ aise\ - La Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo di Thiene, in provincia di Vicenza, prosegue il proprio viaggio tra le voci più interessanti del panorama internazionale con i progetti espositivi dedicati a Chiara Enzo e Cecilia De Nisco.
Le due mostre “Chiara Enzo. Fragments of Reality”, a cura di Chiara Nuzzi, e “Stavo cercando il tuo cuore lì dentro ma ho trovato solo latte” di Cecilia De Nisco, a cura di Marta Papini, saranno allestite sino all’1 marzo negli spazi del complesso dell’ex Chiesa delle Dimesse.
Con questi nuovi progetti espositivi la Fondazione rinnova il proprio impegno nella valorizzazione dei migliori talenti del panorama artistico internazionale e nella costruzione di un crocevia internazionale, che dal cuore di Thiene rivolge lo sguardo verso lo scenario culturale internazionale.
“Fragments of Reality” è un focus dedicato alla ricerca pittorica di Chiara Enzo attraverso lavori su carta realizzati in oltre un decennio di attività. Le opere, parte della Collezione Bonollo, indagano la relazione tra il sé e l’altro, ponendo particolare attenzione all’osservazione del corpo, alla sua rappresentazione e alla percezione ambigua e contraddittoria che ne deriva.
I locali del palazzo settecentesco dove ha sede la Fondazione accolgono undici opere di Chiara Enzo (1989) realizzate tra il 2013 e il 2024 e già parte della vasta collezione Bonollo. Realizzati su carta con colori a tempera, acquerello, pastelli e matite colorate, i dipinti si basano su soggetti ripresi dal vivo e su immagini raccolte da riviste, social media e testi di medicina storici, adottando sempre il formato ridotto. La ricerca di Enzo si genera dunque a partire da un archivio di immagini che lei stessa conserva, aggiorna, controlla e riutilizza da anni.
“La mia indagine si sviluppa per mezzo del disegno e della pittura, in risposta alla necessità primaria di stabilire un contatto prolungato, esasperato e sfiancante con l'oggetto scandagliato; di decostruirlo e reinterpretarlo partendo da un segno che ricalca l'azione dell'occhio e del cervello”, racconta l’artista. “L'uso preminente del pastello permette una dilatazione temporale estrema del processo di realizzazione. Il pastello è una tecnica che reclama un'attenzione tirannica, producendo una tensione che fomenta l'ossessività dello sguardo”.
I lavori raccolti in “Fragments of Reality”, caratterizzati da una pittura minuziosa dalle atmosfere misteriose, sfuggenti e inquiete, restituiscono il profondo interesse di Chiara Enzo per la comprensione della realtà nella sua molteplicità. Così rivelano le opere in mostra, a partire da Nunca di B. (2021) che accoglie il pubblico nella prima sala. Al centro del dipinto la nuca e il collo nudo di una ragazza che, con la loro verità formale, attirano lo sguardo dell’osservatore, abituato a percepire simili dettagli solo in situazioni di stretta prossimità o profonda familiarità.
Come spiega la curatrice Chiara Nuzzi, “il lavoro, dalle atmosfere particolarmente intime, introduce immediatamente al lessico visivo dell’artista e al suo insaziabile desiderio di conoscere ed esplorare la sensibilità umana attraverso il corpo”.
Il percorso espositivo procede, senza costrizioni cronologiche o tematiche, attraverso le visioni minuziose dell’artista, che isolano con una pittura di dettaglio momenti, percezioni ed esperienze personali in cui si impone il corpo umano, spesso femminile. Ne sono testimonianza opere come La Linea (2014), Gambe di M. (2014) e Divergenze (2016), così anche J. (2018), M. Supina (2018), S.C., a nudo #2 (2019) che del corpo ne descrivono solo alcune parti: il collo, la spalla, il ventre.
In altri lavori invece la rappresentazione umana è esclusa, mentre la sua presenza è evocata attraverso oggetti e ambientazioni intime, come letti e lenzuola stropicciate. A rappresentare simili visioni sono due dipinti in mostra, dal tiolo Letti (2018) e Lenzuolo Scuro (2024). Con le loro dimensioni ridotte, i dipinti punteggiano lo spazio espositivo con un ritmo narrativo che garantisce all’osservatore di studiare ogni dipinto in maniera confidenziale, spingendolo contemporaneamente a indagare oltre i confini materiali dell’opera e a cercare riscontri nella realtà.
La ricerca artistica e antropologica maturata da Chiara Enzo dà spazio al corpo nella sua cruda sincerità, immortalato senza alcuna idealizzazione, facendone fonte e testimonianza attraverso cui comprendere il mondo, strumento di conoscenza di sé e dell’altro. I dipinti dell’artista sono occasione per attivare una relazione sinergica tra i soggetti ritratti e il pubblico, che in quei corpi può riconoscersi o ricordare realtà vissute e possibili.
Le opere di “Fragments of Reality” si offrono allo sguardo dello spettatore come scorci da cui osservare frammenti di mondi, feritoie rivolte a visioni di incontri potenziali. Secondo la curatrice della mostra, i dipinti di Chiara Enzo muovono dunque da un’urgenza psicologica e collettiva: dare un significato alle nostre vite, squarciare la storia per diventare tutti soggetti e protagonisti. Le opere esposte alla Fondazione Bonollo invitano così il pubblico a usare lo sguardo in modo attivo e critico, per concentrare l’attenzione non solo su ciò che si osserva ma anche sulla propria persona in relazione a ciò che la circonda. Per l’artista infatti “porre l’attenzione sul corpo significa rimettere in discussione l’idea di cosa siamo e ripensare alle modalità con cui interagiamo tra noi e con le altre entità viventi e non viventi che affollano il mondo. Significa soprattutto scardinare i rapporti di potere che ci vincolano reciprocamente”.
L’altra mostra, “Stavo cercando il tuo cuore lì dentro ma ho trovato solo latte” di Cecilia De Nisco (Parma, 1997), presenta un nuovo corpus di dipinti realizzati appositamente per gli spazi dell’ex chiesa delle Dimesse, sede della Fondazione inaugurata a giugno 2024.
Sette nuove produzioni compongono il percorso espositivo, mostra che restituisce uno scorcio della ricerca più recente di Cecilia De Nisco. Protagonisti dei dipinti dell’artista sono corpi in movimento immortalati in un momento sospeso, dove le intenzioni dei soggetti rimangono ambigue e in perenne equilibrio tra desiderio e violenza. Affidandosi direttamente alle parole dell’artista, ciò che rappresenta sono “persone intente a non fare assolutamente niente”.
“La tela”, afferma Cecilia De Nisco, “è lo spazio in cui fare quello che non ti permetti di fare nella realtà, anche se poi non sei comunque completamente sincero”. È così che dai suoi dipinti affiora la tensione tra desiderio, volontà e negazione: l’artista dipinge e poi cela, focalizza l’attenzione e la luce su un solo punto per poi distoglierla e sviarla inaspettatamente.
La mostra apre con Maramèo, personale interpretazione di Cecilia De Nisco della pala d’altare che domina la sala principale dello spazio. L’opera spicca sull’altare dell’ex Chiesa delle Dimesse con una scena che ricorda una deposizione, se non fosse che il corpo coricato a terra è vivo e attira a sé gli sguardi e le ossessioni morbose delle persone che lo circondano: c’è che gli tocca il petto, come un moderno San Tommaso, e chi invece lo protegge da occhi curiosi.
Il percorso prosegue nelle sale adiacenti la Chiesa con un gruppo di dipinti che ritraggono scene ambigue, colte in atmosfere sospese. In Slacciami la vita, dalla superficie pittorica emergono fiochi solo alcuni dettagli: un volto, illuminato dal basso come da una fiamma e colto da un ghigno tra il divertito e l’inquietante, e una mano, che quasi al limitare della tela entra in contatto con un’altra, di cui non si coglie che qualche dito. Un intimo abbraccio è invece il soggetto della coppia di dipinti Piccole catastrofi per minuti intimi. Quasi identici, i due lavori rappresentano l’unione di due corpi in un abbraccio, ma a fare la differenza sono gli occhi aperti della figura in primo piano puntati verso lo spettatore in uno dei due dipinti. Questa minima variazione rende quell’intimità ambigua: l’abbraccio che prima sembrava tenero diventa forzato e lo spettatore diventa testimone di un sopruso, di un contatto senza consenso, o al contrario anche lui osservatore inopportuno e indesiderato.
L’ultima sala accoglie alle pareti tre lavori di grande formato, Frecciatine, Stavo cercando il tuo cuore lì dentro ma ho trovato solo latte e SANTA!. A essere protagonisti sono sempre i corpi, nudi o vestiti, colti in situazioni sfuggenti, mentre volteggiano sospesi su fondi blu o precipitano a terra colpiti da frecce. Altri ancora portano le tracce di mani altrui sulla pelle, come se un’ombra avesse lasciato un segno indelebile del proprio passaggio. Il vero soggetto qui sembrano le mani: toccano, stringono, accarezzano, colpiscono e solleticano, mentre i corpi subiscono le loro attenzioni. Ancora una volta Cecilia De Nisco rende il pubblico spettatore sgradito, che con il suo sguardo viola uno spazio privato, dove gioco, intimità e sensualità si mischiano, affiorando di tanto in tanto dall’oscurità in cui i corpi sono avvolti. (aise)