“Confluences: Intersectional Visions of Italy”: l’Italia fuori dagli stereotipi in mostra a Washington DC

WASHINGTON\ aise\ -Confluences: Intersectional Visions of Italy” è il titolo della mostra che si terrà dal 26 gennaio al 7 aprile a Washington DC, presso Georgetown University Art Galleries, per iniziativa dell’Istituto Italiano di Cultura.
La mostra, a cura di Ilaria Conti, presenta per la prima volta negli Stati Uniti un gruppo di artiste - Dafne Boggeri, Valeria Cherchi, Giulia Crispiani, Maria Adele Del Vecchio, Binta Diaw, Alessandra Ferrini e Muna Mussie - che affrontano questioni di giustizia sociale legate a un concetto di Italia molto più complesso di quel singolo spazio culturale, politico o sociale che comunemente si pensa sia. Queste artiste contemporanee si oppongono dunque alle narrazioni più familiari con progetti che considerano le sfumature dell’esperienza individuale e collettiva attraverso una varietà di argomenti, come il colonialismo, l’amnesia sociale, i pregiudizi di genere e l’attivismo civico.
“My Heritage?” (2020) di Alessandra Ferrini mette in discussione le nozioni di tradizione e identità italiana in relazione alla storia coloniale del Paese, mentre l'installazione appena commissionata di Valeria Cherchi “In Front of Beauty We Forgive Everything” (2023-2024) affronta il fenomeno del rapimento a scopo di riscatto che per decenni ha colpito la Sardegna. Mentre “Tilting off the Grid” (2023) di Dafne Boggeri fa luce sulla diversità delle pratiche intellettuali italiane nell’arena dell’editoria indipendente, le sculture di Maria Adele Del Vecchio affrontano questioni legate alla letteratura femminista. Lungo un altro asse tematico, il lavoro appena commissionato di Giulia Crispiani “Claims & Broken Ties” (2023–2024) riflette sull’Italia come colonia culturale separata dai suoi legami meridionali e orientali, mentre “Paysage Corporel XIV” di Binta Diaw celebra la resilienza e l’empowerment degli afrodiscendenti. Allo stesso modo, la costellazione di opere di Muna Mussie affronta le relazioni tra linguaggio, visione e concezioni di identità.
Queste e altre realtà confluiscono in una mostra ispirata all’idrofemminismo, un quadro teorico che considera tutti gli esseri come corpi d’acqua, interconnessi e interdipendenti. Gli artisti condividono l’impegno verso l’esplorazione linguistica, il pensiero critico, la ricerca e l’intersezionalità, che riconosce come le identità individuali siano modellate da fattori come la razza, il genere e la nazionalità in modi unici che possono sia opprimere sia conferire potere. Come in un sistema idrico, il loro lavoro può essere considerato come diverse correnti che fluiscono verso un unico scopo: l’affermazione di complesse narrazioni personali e storiche che sfidano le concezioni stereotipate dell’Italia. (aise)