Murano rediscover: a Torun in Polonia la mostra dedicata al designer veneziano Enzo Berti

TORUN\ aise\ - Sta riscuotendo molto interesse di pubblico e delle istituzioni la mostra “Enzo Berti Murano Rediscover” aperta fino al 9 marzo 2025 presso il Centro di Arte Contemporanea di Torun, in Polonia. Tra coloro che hanno potuto apprezzare l’arte di Berti anche Janczarski Jerzy, direttore del Dipartimento di Cultura e Patrimonio Nazionale, Adam Szponka, presidente di Miasta Torunia, e Anna Kompanowska, direttrice del Centro di Arte Contemporanea.
Per usare le parole del critico d’arte Luca Nannipieri, che ha introdotto l'iniziativa con un intervento, pubblicato in catalogo, “si prova un senso di meraviglia, anche di incanto, nel vedere come il designer Enzo Berti riesca a dar vita a forme d’arte pure, assolute”.
La mostra, organizzata da Memmo Venezia, è dedicata a Venezia e alla millenaria storia del vetro di Murano: sono infatti esposte molte opere in vetro, ma la particolarità di quest'esposizione è che si può leggere anche come un unico racconto-omaggio alla laguna e all'arte: la mostra, che ha anche due installazioni ad apertura e chiusura, vuole riportare alla luce del sole chi era ed è Murano: mille anni di storia in cui, dal vetro realizzato per creare oggetti di uso comune, si arriva a modellare la pasta silicea in opera d’arte.
Scrive sempre Nannipieri: “Uno sguardo attento non vede soltanto lo studio del disegno industriale, del design, del linguaggio seriale, del modulo, dell’industria, o della scultura, o dei tessuti. La tecnica direi innovativa di Berti risiede nei cosiddetti "Filati di vetro": la geometria sinuosa, morbida, dell'intero manufatto è generata da un lungo studio durante il quale l'artista e designer accosta, giustappone, addossa linee di colore, confini di colore, fasci sottilissimi di diversa cromia, in una ricerca continua dell'accoppiamento o della divergenza tonale, che poi il maestro curva, stratifica e ritorce a spirale. Ma le linee, nei diversi manufatti, sono lanciate verso invisibili punti di fuga, come lo sono i pavimenti nelle tele rinascimentali. Trasparenze, limpidezze, abbinamenti, chiaroscuri giocati sulla prossimità cromatica, consistenze materiche del vetro toccato dai polpastrelli che si fanno ondulazioni, corrugamenti armoniosi”.
La prima parte dell’opera “Illusione” vuole rappresentare le due grandi scoperte dell’Isola di Murano: lo specchio e il cristallo. Lo specchio per Murano è una storia di scoperta, di divieti di divulgazione, di spionaggio industriale, di millenaria conoscenza tramandata oralmente ancora oggi all’interno delle fornaci.
Solitamente lo specchio riflette, è passivo difronte a chi ci si avvicina, è per certi versi impenetrabile. In “Illusione” si va oltre questo punto di vista comune, trovando uno spazio, un’illusione, in cui forme e colori entrano dentro lo specchio e accompagnano il visitatore dentro l’opera. Non esiste più un limite di spazio, il visitatore ne contribuisce continuamente al cambiamento. Lo specchio diventa strumento di passaggio dal reale al surreale, creando uno spazio illusorio partendo da oggetti di uso comune che si presentano con dimensioni e movimenti surreali. All’interno di questo spazio surreale la musica è stata composta appositamente per la mostra da Faccio Production, che ha cercato di tradurre le sensazioni ricercate da Berti.
La seconda parte intitolata “Oltre l’esperienza” reinterpreta il vetro di Murano come un tessuto, dove la rigidità del vetro lascia spazio al movimento, dove trasparenze e colori si intrecciano dando vita ad oggetti reali unici. A Venezia ha preso forma un approccio al vetro che, pur affondando le sue radici nella storia millenaria dell’isola, ha saputo guardare oltre, cercando nuove tecniche che potessero far incontrare la rigidità del vetro con la morbidezza e il calore dei tessuti. La filatura del vetro vede la materia da un’altra prospettiva andando oltre ciò che si è sempre fatto, creando una fusione di colori unica e irripetibile.
In questo spazio oltre agli oggetti “filati” che possono avere anche una “funzione” si trovano: Sole nascosto, legato a Venezia e all’oriente, nei toni del rosso e del nero riportano Venezia in Cina ripercorrendo il viaggio di Marco Polo; Totem, cjhe richiama il carnevale di Venezia e la maschera che garantendo l’animato rende la persona libera di esprimersi senza vincoli; Buco Nero, ripensando alle calli di Venezia, strette, a volte buie ma che all’orizzonte lasciano intravedere la luce del cielo e i colori della laguna.
La terza parte del racconto complessivo, “Laguna”, chiude il viaggio nel mondo surreale di Murano, lo specchio diventa acqua. Per molto tempo l’uomo si è specchiato solo nell’acqua. In questo spazio si crea l’illusione che lo specchio sia acqua e allo stesso tempo l’acqua ridiventa specchio della laguna veneziana.
Nato a Pianiga nel 1950, Enzo Berti vive e lavora ancora oggi nella Riviera del Brenta, a Dolo (Venezia). La sua formazione culturale è segnata dagli studi condotti sotto la guida di Alberto Viani all’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Frequenta poi il Corso superiore di industrial design presso la Facoltà di Architettura di Venezia. Durante gli anni degli studi progetta e realizza pregevoli oggetti d’arte, esposti al pubblico in occasione di mostre di rilevanza internazionale.
Dagli anni Ottanta si dedica a tempo pieno al design industriale, progettando per marchi oggi molto affermati nel mondo dell’arredo.
L’abitudine a pensare in modo olistico, prestando attenzione al contesto abitativo piuttosto che al singolo oggetto, lo porta a collaborazioni che vanno oltre al singolo progetto. A partire dagli anni Novanta assume infatti una molteplicità di direzioni artistiche. Collaborazioni intense, in cui Enzo Berti ha lavorato insieme alle aziende alla ricerca e all’affermazione di un’identità rinnovata, o nel lancio di marchi totalmente nuovi, com’è accaduto con Torremato.
Ancora oggi i progetti di Enzo Berti rivelano le sue origini artistiche. Guarda infatti alla materia come uno scultore: ricercando la forma che evoca oppure dandole una forma inedita, in un salto logico che stupisce. Predilige infatti lavorare con il legno, il marmo, la pietra e il ferro, materiali “senza tempo”, evocativi, che interpreta con il suo linguaggio contemporaneo, arrivando a volte a rivoluzionare il tradizionale impiego.
Il suo segno essenziale è il risultato di un paziente processo di affinamento: i suoi progetti iniziano sempre da una lunga serie di schizzi colorati per arrivare solo successivamente al disegno tecnico. Non è mai un esercizio di sintesi fine a sé stesso, ma rivela una profonda attenzione alle implicazioni pratiche, al vissuto dell’oggetto nella quotidianità.
Designer eclettico, ha interpretato una molteplicità di marchi e di tipologie di prodotto diversi rimanendo sempre fedele ad uno stile inconfondibile e senza tempo. (aise)