Premierato/ Crisanti (Pd): stabilità non è sintomo di buongoverno. La storia insegna

ROMA\ aise\ - “Io non riesco a rintracciare nella nostra storia una correlazione tra durata del presidente del Consiglio e bene pubblico”. Potrebbe sintetizzarsi così l’intervento di Andrea Crisanti, senatore Pd eletto all’estero, che ieri è intervenuto in Aula nell’ambito della discussione sul Premierato.
Un ddl, ha assicurato, che ha letto “senza pregiudizi” e che “ha l’obiettivo di garantire all’Italia governi stabili sostenuti da maggioranze solide” e che “al fine di realizzare questo scopo da una parte aumenta i poteri del presidente del Consiglio nei confronti di altri organi costituzionali, dall’altra garantisce un premio di maggioranza al partito-coalizione che raccoglie il maggior numero di voti alle elezioni”.
“La giustificazione politica – ha proseguito Crisanti – è che l’Italia abbia bisogno di governi stabili che riflettano la volontà popolare che siano in grado di agire con efficacia. La stabilità politica si identifica con la durata in carica del presidente del Consiglio, il bene quindi in opposizione al male, ovvero la sostituzione del presidente del Consiglio stesso o cambi di maggioranza in corso di legislatura. Se questo fosse vero, difficile darvi torto in questo ragionamento. Se ripercorriamo la storia d’Italia a partire dall’Unità, in 163 anni si sono succeduti 133 governi, di cui 59 prima della Seconda guerra mondiale e 68 dal 1946 ad oggi. Alcuni di questi governi sono durati pochi mesi massimo un anno; tuttavia, abbiamo avuto anche la fortuna di avere governi stabili sostenuti da solide maggioranze. Quindi, ripercorrendo la storia del nostro Paese, dovremmo riscontrare un solido supporto al razionale di questa legge, dimostrando come la durata in carica del presidente del Consiglio si sia accompagnata al perseguimento del bene pubblico. Agli albori dell’Unità d’Italia era chiaro il compito che attendeva i governi di allora. Nel febbraio del 1861 Cavour scriveva ad un amico, il giornalista svizzero William de la Rive: “Costituire l'Italia, fondere insieme gli elementi diversi di cui si compone, mettere in armonia il Nord e il Mezzogiorno presenta tante difficoltà quanto una guerra”. Ebbene, i 57 governi che si sono succeduti dalla sua morte fino al 1922, pur con difficoltà e contraddizioni, hanno combattuto con successo l’analfabetismo, creato le prime infrastrutture moderne, promosso la ricerca scientifica, favorito la prima rivoluzione industriale, allargato il suffragio universale al genere maschile, posto le basi per l’eliminazione della malaria e affrontato catastrofi oggi inimmaginabili in quanto a perdite di vite umane e conseguenze sociali, come il terremoto di Messina e la Prima guerra mondiale. I 68 governi che si sono succeduti dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi hanno allargato il suffragio universale alle donne, esteso le garanzie per il godimento di diritti individuali e sociali, creato le condizioni per uno sviluppo industriale ed economico senza precedenti, ancorato l’Italia ad una politica estera basata sulla difesa della libertà e della democrazia, promosso e sostenuto la formazione dell’Unione europea sin dalla prime fasi”.
“Se oggi l’Italia fa parte del G7 a pieno titolo è merito di questi governi”, ha osservato il parlamentare.
L’Italia “ha avuto anche governi stabili e duraturi. Il più stabile e duraturo è stato il governo Mussolini, favorito da una sciagurata legge maggioritaria e impostosi con una progressiva restrizione delle libertà individuali accompagnate da atti di inaudita violenza come l’arresto sistematico degli oppositori e l’eliminazione fisica delle figure più rappresentative dell’opposizione tra cui Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Don Giovanni Minzoni, i fratelli Carlo e Nello Rosselli e infine Giacomo Matteotti. Questo governo ha ricercato e coltivato affinità e intese politiche con il male assoluto culminate con l’infamia delle leggi raziali. Ha lasciato in eredità centinaia di migliaia di morti, un’Italia lacerata dalla guerra civile e le nostre bellissime città semidistrutte”.
“Un altro governo che si è contraddistinto per durata – ha ricordato Crisanti – è stato il IV governo Berlusconi, 1287 giorni, il secondo governo più lungo della storia repubblicana. In 3 anni, 6 mesi e 8 giorni questo governo ha abrogato importanti norme di contrasto all'evasione fiscale, approvato lo scudo fiscale, approvato il ddl intercettazioni che ne limitava l’utilizzazione e una legge che garantiva l’immunità alle più alte cariche dello Stato, dichiarata poi incostituzionale. Soprattutto, questo governo sarà ricordato per le politiche economiche e finanziarie che hanno portato l’Italia sul baratro dell’insolvibilità. Per la prima volta lo Stato non aveva la liquidità per far fronte agli impegni di spesa. Sotto la pressione inarrestabile della mancanza di fiducia dei mercati finanziari, l’Italia ha rischiato di sprofondare in un terremoto senza precedenti che avrebbe compromesso la ricchezza del nostro Paese. Il presidente Monti ha avuto l’ingrato compito di raccogliere questa eredità. Non è sfuggito alla nostra attenzione che numerosi tra ministri, viceministri e sottosegretari del IV governo Berlusconi siedano oggi nei banchi del governo. Inclusa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni”.
Io non riesco a rintracciare nella nostra storia una correlazione tra durata del presidente del Consiglio e bene pubblico”, ha detto ancora il senatore. “Non nego che ciò sia un valore ma evidentemente non è una condizione né necessaria né sufficiente. Altri fattori giocano un ruolo chiave e sicuramente uno di questi è la qualità e l’esperienza delle donne e degli uomini a cui è affidata la guida del Paese. Il principale, tuttavia, è il sistema di regole dentro il quale agiscono. Nel nostro caso, questo è regolato dalla Costituzione, che prevede un bilanciato sistema di pesi e contrappesi allo scopo di evitare la concentrazione di troppo potere nelle mani del singolo. Il bene da tutelare è la volontà popolare che può decidere di affidare la guida del Paese a quella parte politica che prima, come minoranza, era all’opposizione. Ciò che contraddistingue la democrazia da altre forme di governo sono i diritti di iniziativa politica delle minoranze. Ora, il Partito democratico cui mi onoro di appartenere, avrà sicuramente commesso errori ma di una cosa sono orgoglioso: ha gelosamente custodito i valori della democrazia, ragione per la quale ora voi siete al governo”.
“La legge attuale – ha sottolineato – vi ha garantito una larga maggioranza e non mancate di ricordarci che avete la coesione e l’unità di intenti per completare la legislatura e quindi dare al Paese un governo stabile e duraturo. Il problema è che questo governo invece di governare vuole durare e, per ottenere questo risultato, non esita a manipolare ed alterare gli equilibri di potere sanciti dalla Costituzione a spese delle prerogative della presidenza della Repubblica, dell’autonomia di mandato dei parlamentari, dell’autonomia del Parlamento e dei diritti dell’opposizione. Questa legge vuole purgare la nostra Costituzione dei pilastri fondamentali che assicurano il bilanciamento dei poteri e la volontà popolare”.
“Questa legge è una dose di olio di ricino somministrata alla democrazia italiana”, ha concluso Crisanti. “In sintesi, parafrasando le parole di Piero Gobetti, la mia è una contrarietà generata da una ripugnanza morale, oltre che da una incompatibilità etica e antitesi di valori”. (aise)