Cittadinanza/ Cgie: il DDL 2369 pone ostacoli all’esercizio dei diritti degli italiani all’estero

ROMA\ aise\ - Dopo il parere sul DDL 1450, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero ha espresso il proprio parere formale e obbligatorio sul DDL 2369/2025, “Disposizioni per la revisione dei servizi per i cittadini e le imprese all’estero”, che è attualmente all’esame della Commissione Affari Esteri della Camera. Nel suo modo di vedere, il Cgie ha spiegato che la legge, “pur con l’obiettivo dichiarato di razionalizzare le procedure e rendere più efficiente il sistema di riconoscimento della cittadinanza”, contiene “elementi che rischiano di compromettere il pieno esercizio dei diritti da parte degli italiani residenti all’estero”.
In particolare, il Cgie ha fatto riferimento all’impianto amministrativo delineato che “potrebbe generare disfunzioni nel rapporto tra cittadino e Stato, già fortemente segnato dalla gestione non uniforme dei dati anagrafici e dalla digitalizzazione incompleta”.
Uno dei principali nodi critici evidenziati dal Consiglio degli Italiani all’Estero, riguarda la gestione dei dati anagrafici tra Ministero dell’Interno e Ministero degli Affari Esteri: “operano su banche dati separate. La mancata interoperabilità automatica tra Comuni italiani e Consolati all’estero continua a produrre disallineamenti, che il DDL 2369 non sembra affrontare in modo efficace. La centralizzazione a Roma del trattamento delle pratiche di cittadinanza rappresenta un rischio concreto di rallentamento delle procedure e di perdita di competenze maturate dai Consolati”. Inoltre, secondo il Cgie, la documentazione cartacea inviata per posta, spesso da Paesi che rilasciano solo certificati digitali, “rischia di compromettere l’efficienza e l’affidabilità dell’intero sistema”.
Il CGIE ha quindi voluto sottolineare il valore delle “competenze consolidate” dagli uffici consolari (verso i quali “il Governo sembra non nutrire fiducia”) nel trattare la documentazione straniera, difficilmente trasferibili a un organismo centralizzato. La nuova organizzazione rischia, a parere del Consiglio, “di disperdere un patrimonio amministrativo fondamentale, oltre a indebolire la relazione tra cittadini e Stato, già oggi percepita come distante e farraginosa”.
Inoltre, secondo il CGIE l’introduzione di criteri discrezionali e quote non definite per la trattazione delle domande di cui il richiedente non può avere contezza rappresenta “la limitazione di un diritto soggettivo che viene subordinato alla disponibilità di risorse e di personale”.
Richiamando il principio costituzionale di sussidiarietà, il CGIE si è quindi interrogato sulla scelta “poco lungimirante” di “non coinvolgere le organizzazioni di rappresentanza intermedia e di erogazione dei servizi all’estero nella riorganizzazione proposta”.
E quindi ha chiesto di “riesaminare la competenza ministeriale del nuovo sistema, ritenendo più appropriato e coerente l’incardinamento del servizio centralizzato presso il Ministero dell’Interno rispetto all’attuale previsione della collocazione presso il MAECI”.
Il CGIE, nelle sue intenzioni, ha spiegato di voler continuare a “vigilare con costanza sul percorso di attuazione della trasformazione amministrativa presentata nel Disegno di Legge”, confermandosi altresì sempre “disponibile al dialogo”, nella convinzione che “solo attraverso un confronto costruttivo è possibile realizzare una riforma che semplifichi le procedure senza penalizzare i diritti degli italiani nel mondo”. (aise)