Hamas acconsente a liberare gli ostaggi israeliani: Trump annuncia un “ultimo accordo” - di Gabriella Ferrero

WASHINGTON\ aise\ - Il movimento islamista di Hamas ha annunciato ieri, in un comunicato, di essere pronto a liberare tutti i restanti ostaggi israeliani, vivi o morti, nell’ambito del piano di pace presentato dal presidente statunitense Donald Trump, a condizione che vengano rispettati i requisiti di sicurezza per gli scambi. L’annuncio di Hamas è arrivato a poche ore dalla scadenza dell’ultimatum fissato da Trump, che aveva concesso “tre-quattro giorni” al gruppo per rispondere alla proposta americana, avvertendo che in caso di rifiuto si sarebbe scatenato “l’inferno come nessuno ha mai visto”. La mossa, accolta con cauto ottimismo dalla comunità internazionale, apre a uno spiraglio di negoziato ma lascia irrisolti i nodi principali del conflitto.
Il presidente Trump ha scritto su Truth Social: “Credo che siano pronti per una pace duratura”. Ha quindi chiesto a Israele di interrompere immediatamente i bombardamenti su Gaza “per permettere di liberare gli ostaggi in sicurezza e rapidamente”. Dal briefing della Casa Bianca, la portavoce Karoline Leavitt ha ribadito che le conseguenze di un rifiuto sarebbero “molto gravi” per Hamas, mentre il consigliere di Hamas Tahir al-Nounou ha definito le parole di Trump “incoraggianti” e ha confermato la disponibilità a negoziare “per uno scambio di prigionieri, la fine della guerra e il ritiro dell’occupazione”.
Il piano prevede la cessazione immediata delle ostilità e, entro 72 ore, il rilascio di 20 ostaggi israeliani vivi e delle salme degli ostaggi deceduti, in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi. Secondo le stime, nelle mani di Hamas rimarrebbero 48 ostaggi, di cui solo 20 vivi. Una volta attuato lo scambio, gli Stati Uniti si impegnano a garantire l’invio immediato di aiuti umanitari nella Striscia.
Tuttavia, Hamas ha chiarito di voler discutere ulteriormente questioni centrali legate al futuro di Gaza e ai diritti dei palestinesi. Il testo del comunicato non menziona espressamente l’adesione al piano in 20 punti di Trump né il disarmo, elemento chiave richiesto da Washington e da Israele. Hamas ha ribadito di essere pronto a trasferire l’amministrazione della Striscia a “un corpo palestinese indipendente di tecnocrati”, sostenuto da consenso nazionale e appoggio arabo e islamico. Restano aperte le questioni politiche più delicate: la prospettiva di uno Stato palestinese e il ritiro israeliano da Gaza. Hamas ha dichiarato che queste tematiche saranno affrontate “all’interno di un quadro nazionale”, sottolineando di voler avere comunque un ruolo nel processo. Tuttavia, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito la propria ferma opposizione a un futuro Stato palestinese, sottolineando che “non è scritto nell’accordo e Israele continuerà a opporsi con forza”.
Il segretario generale dell’ONU António Guterres ha accolto con favore la dichiarazione di Hamas, definendola un “passo incoraggiante” e invitando tutte le parti a cogliere l’occasione per porre fine a un conflitto che ha causato enormi perdite civili. Anche leader europei e mediorientali hanno espresso sostegno al piano. La Turchia ha chiesto a Israele di cessare le operazioni militari per dare una chance ai negoziati, mentre l’Egitto ha sollecitato Hamas ad accettare l’accordo e disarmarsi. L’Autorità Nazionale Palestinese ha definito gli sforzi di Trump “sinceri e determinati”.
Intanto la guerra continua a mietere vittime. Le forze israeliane, impegnate in un’offensiva su Gaza City, hanno ordinato evacuazioni di massa verso il sud della Striscia, ma centinaia di migliaia di civili restano intrappolati. Il ministro della Difesa israeliano ha avvertito che chiunque resti nell’area sotto assedio sarà considerato “terrorista o sostenitore del terrorismo.
L’annuncio di Hamas offre oggi una rara prospettiva di tregua, ma le incognite sono molte. L’assenza di un impegno al disarmo e le divergenze su Gaza potrebbero ostacolare il percorso. Per il presidente Trump, questo passaggio potrebbe rappresentare il banco di prova più difficile della sua presidenza. Il futuro immediato dipenderà dalla capacità delle parti di trasformare la dichiarazione di intenti in passi concreti. Resta una certezza: il tempo a disposizione è sempre meno, e il costo umano sempre più alto. (gabriella ferrero\aise)