RIM 2024: cresce e ringiovanisce l’Italia fuori dall’Italia

ROMA\ aise\ - Dal 2006 ad oggi gli italiani che risiedono all’estero iscritti all’AIRE sono sostanzialmente raddoppiati (+97,5%). Si continua a partire, dunque, verso l’Europa, soprattutto, ma anche verso gli altri continenti. Alle volte si torna, anche se in minor misura (il saldo tra entrate e uscite è decisamente negativo) e sempre più spesso dopo essere tornati si riparte. Insomma, l’Italia è ormai un paese dalle migrazioni plurime. E l’azione politica, in questo scenario in cui l’Italia continua ad invecchiare ogni giorno di più, è sempre più scollata dalla realtà, miope rispetto alla questione della mobilità e al concetto di cittadinanza. È quanto spiega il Rapporto Italiani nel Mondo 2024, presentato dalla Fondazione Migrantes questa mattina a Roma, che a 19 anni dalla sua prima pubblicazione ha dato una fotografia del fenomeno migratorio chiarissima: gli italiani erano migranti, gli italiani sono ancora migranti. Anche se in modo diverso. E anche se la questione cittadinanza, a cui è dedicato questa XIX edizione del RIM, potrebbe aiutare l’Italia, sia dentro che fuori dall’Italia stessa.
A certificarlo ci sono i numeri di questo rapporto (anche se gli italiani all’estero, e i migranti in generale, “non sono numeri”, come spiegato da Monsignor Pierpaolo Felicolo, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, aprendo la presentazione). Un rapporto, secondo Felicolo, che deve fungere da “guida per l’accoglienza” e da guida per riuscire a “fare rete, costruire rapporti e percorrere insieme un cammino”. Anche in virtù del fatto che fuori dall’Italia c’è un’altra Italia, sempre più giovane e dinamica.
Insieme a lui sono intervenuti alla presentazione romana diverse personalità esperte della questione, tra cui la curatrice Delfina Licata, tre politici, Toni Ricciardi, Fabio Porta (entrambi eletti all’estero del Pd) e Paolo Emilio Russo (deputato di Forza Italia estensore della Proposta di Legge sulla cittadinanza), e Paolo Pagliaro, Direttore Agenzia 9Colonne. Quest’ultimo, complimentandosi per la pubblicazione del nuovo volume, definito “vera agorà di proposte” e “sismografo lungimirante”, ha parlato della presenza in costante crescita dell’Italia fuori dall’Italia. Una presenza sempre più articolata, più istruita e sempre più eterogenea. Una presenza che ormai non rappresenta più “una via di fuga ma una riserva di speranza”.
La curatrice del volume, nonché sociologa delle migrazioni, Delfina Licata, ha invece fornito in sintesi la fotografia del fenomeno emigratorio in Italia nel 2023, elaborata dopo la stesura di questo nuovo numero che non ha esitato a definire “un servizio sociale per il Paese”.
I numeri
Dopo il rallentamento per la pandemia, il saldo tra chi parte e chi torna è nuovamente e chiaramente negativo: -52.334 nel 2023. Dall’Italia si parte sempre più numerosi, infatti, e con profili sempre più complessi. Il numero complessivo degli iscritti all’AIRE è arrivato a 6 milioni, 134 mila e 100 persone. Sono 89.462 gli italiani che si sono iscritti all’AIRE tra gennaio e dicembre 2023. Di questi 6 milioni e oltre di persone fuori dall’Italia, il 54,2% risiede in Europa, il 40,6% nel continente americano (2 milioni nel centro e sud America), il 2,7% in Oceania, l’1,3% in Asia e l’1,1% in Africa. La maggior parte tra quelli che sono partiti nel 2023 sono giovani tra i 18 e i 34 anni o giovani adulti tra i 35 e i 49 anni (il 68,8%), che sono anche il numero maggiore tra gli iscritti all’AIRE (il 23,2% i giovani adulti e il 21,7% i giovani). Negli ultimi 10 anni sono in chiaro aumento i minori, a significare che sempre più italiani partono con la famiglia o “mettono su famiglia” all’estero. A tali partenze, che non hanno solo una motivazione professionale, non corrispondono però altrettanti “ritorni” ma, piuttosto, una desertificazione dei territori. L’estero ha dunque “sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta”. E partire “significa sempre di più abbandonare”, come spiegato dalla curatrice del RIM 2024 che ha inoltre spiegato che invece il rientro potrebbe significare incentivare un “rientro arricchito”.
Tra le motivazioni di partenza, nel RIM viene spiegato anche come non siano solo i piccoli paesi a desertificarsi in favore delle città. Le metropoli, infatti, iniziano a “rifiutare i giovani”. Affitti molto alti e costo della vita proibitivo allontanano le risorse giovani e appena laureate, spingendole lontano. Nel mentre, spiega ancora il RIM, non ci si accorge di una immigrazione stabile e strutturale persino conveniente per affrontare sia i problemi demografici che quelli economici. A tal ragione il RIM ha indagato anche sulle nuove generazioni di non italiani residenti in Italia tra gli 11 e i 19 anni, il cui 85,2% si sente italiano pur non essendo riconosciuto come tale. Essere italiani significa, secondo i giovani tutti, “essere nati in Italia” (54,0% per gli italiani e 45,7% per i ragazzi di altra cittadinanza) e, al secondo posto per entrambi, “rispettare le leggi e le tradizioni italiane”. Dall’altro lato, in un mondo totalmente cambiato dove l’acquisizione della cittadinanza è diventata materia ideologica, con una legge che risale al 1992, c’è la situazione degli italo-discendenti che fanno richiesta per ius sanguinis e diventano vittime di un mercato del malaffare per la vendita di cittadinanze.
“L’Italia – ha spiegato in conclusione Delfina Licata - allontana risorse giovani e qualificate in modo unidirezionale e non riesce a guarire la sua ferita migratoria. Non valorizza le persone con esperienze migranti. Questo RIM lo consegniamo a un’Italia impreparata, non solo come Paese ma come comunità. Solo la riscoperta della società/comunità può fungere da leva di cambiamento, senza frammentazioni di saperi, di territori e di diritti, e con benessere, condivisione e inclusione”. Una inclusione che passa dalla cittadinanza, che per alcuni “è diventato un business che esige controlli” e che invece, se gestito e rinnovato con una nuova legge, potrebbe “rigenerare l’Italia”.
Di Italia, cittadinanza e migrazioni plurime, hanno parlato gli esponenti politici presenti in sala, Ricciardi, Russo e Porta. Ricciardi, da storico delle migrazioni, ha spiegato come “in Italia tendiamo a drammatizzare la situazione, a pensare alla cittadinanza come premio, ma in realtà si tratta di questioni amministrative”. Ha poi parlato anche di identità e più in particolare di italianità, che non è un aspetto fisso ma di cui fa parte la migrazione: “l’unica cosa che accomuna Val d'Aosta e Lampedusa”. Per questo, secondo lui, “concedere un diritto non significa penalizzare qualcun altro, sennò facciamo un torto alla storia. Credo che se ci sono più italiani nel mondo, il made in Italy e il Paese ne giovino”.
D’accordo, in buona sostanza, l’On. Russo che ha spiegato l’importanza, dal canto suo, di aggiornare norme sulla cittadinanza che risalgono al 1992. “Oggi 1 milione di studenti con passato migratorio non ha cittadinanza. Serve concretezza, perché è vero, è una questione amministrativa. È un percorso complesso che può mettere d'accordo tutti e può aiutare il nostro Paese”.
Infine, Fabio Porta, che è anche uno dei 66 autori del RIM 2024, è intervenuto brevemente per ribadire come secondo lui sia necessario “uscire dall'ideologia” riguardo alla cittadinanza. “Dobbiamo avere un approccio pragmatico, correggere le distorsioni, tipo la banalizzazione e mercificazione della cittadinanza, non tanto la quantità di sangue che hanno i discendenti. Correggiamo, ma ricordiamo che è un grande valore del nostro Paese”.
A concludere la giornata di presentazione è stato Monsignor Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI, che ha spiegato come il tema della cittadinanza fosse stato scelto prima che diventasse così “mainstream”. Era stato scelto “perché da quasi 20 anni è maturata una riflessione sul tema, perché la mobilità crescente delle persone vuole una riflessione anche giuridica sulla cittadinanza. Dal 1992 ad oggi l'Italia è cambiata. Di fronte uno scenario diverso della mobilità umana non è possibile che la politica non veda i cambiamenti che stanno avvenendo. Abbiamo ritenuto come Migrantes che la cittadinanza e le cittadinanze (al plurale) siano importanti”.
La cittadinanza italiana viene concessa per il 60% attraverso ius sanguinis, per il 30% per residenza. Ma sempre più spesso, in etrambi i casi “vanno a vivere all'estero” una volta ottenuta. Questo “è il fallimento di un processo”. Per questo anche per Mons. Perego è necessario “rivedere lo ius sanguinis e pensare allo ius scholae”. Così come è fondamentale “ridurre alla quarta generazione la questione ius sanguinis e implementare i corsi di lingua e cultura con le scuole italiane all’estero gli Istituti Italiano di Cultura nel mondo”. “Serve andare incontro al cambiamento, estendo diritti fondamentali e facendoli diventare la base del mondo di domani che sarà sempre più un mondo in movimento”. (luc.mat.\aise)