Servizi consolari: la Plenaria del Cgie si confronta con Vignali (Dgit)

ROMA\ aise\ - Non era all’ordine del giorno, ma un serrato dibattito sui servizi consolari ha animato questa mattina i lavori dell’Assemblea Plenaria del CGIE, riunita a Roma nella sala Conferenze Internazionali della Farnesina. Presente il direttore generale per gli Italiani all’Estero, Luigi Maria Vignali.
Tutto è partito dalla relazione del Gruppo di lavoro presieduto dal consigliere Scigliano, che ha illustrato il frutto della sinergia con i colleghi consiglieri: una “risonanza magnetica”, così l’ha definita Scigliano, dei servizi consolari in Germania, dalla quale sono emersi alcuni dati importanti. Raccolti in apposite “schede”, tali dati costituiscono una base di partenza, che sarà ora consegnata al Comitato di Presidenza perché elabori proposte fattive atte a risolvere una situazione che diversi consiglieri non hanno esitato a definite ancora “emergenziale”.
Come ha spiegato il vice segretario Conte, il metodo adottato dal Gruppo di lavoro è stato semplice: si è chiesto all’Ambasciata il numero di iscritti Aire, quante siano le ore di apertura al pubblico delle sedi, il numero di impiegati nei vari Consolati e la loro distribuzione negli uffici che si occupano dei servizi ai cittadini piuttosto che degli archivi e dell’amministrazione interna.
Il quadro emerso è risultato piuttosto eterogeneo, ma comun denominatore, ha rilevato Scigliano, sono parse le “lungaggini” per ottenere un appuntamento. Molto dipende anche dai consoli, che, ha osservato ancora il coordinatore del gruppo di lavoro, “possono contribuire a migliorare lo stato dei servizi consolari, ma anche distruggerli”, specie se si ritrovano a gestire un Consolato problematico senza aver maturato la dovuta esperienza.
Occorre ovunque “strutturare meglio il lavoro”, prendendo spunto dalle buone pratiche che possono emergere in varie realtà. Si dovrà però attendere che le sollecitazioni del Gruppo di lavoro siano accolte anche dai consiglieri delle altre realtà territoriali per avere un quadro più esteso della situazione consolare nel mondo. “Il Sud America”, che più di ogni altro continente soffre lunghe attese per avere un appuntamento in Consolato, ad oggi “non ha fatto pervenire alcun contributo”, ha lamentato Scigliano, invitando i colleghi ad approfittare delle riunioni convocate in Ambasciata prima di ogni Plenaria per “pretendere” questi dati e poter presentare al CdP un documento unico e completo.
Ad aprire il dibattito è stato il vice segretario Conte, membro del gruppo di lavoro, che ha riportato alcuni dati tedeschi. “Due anni fa la situazione era gravissima” con liste di attesa che nei “grandi Consolati” erano in genere di 10 mesi. Ora, ha riferito Conte, si è scesi a 5/6 mesi. Quanto all’apertura al pubblico delle sedi si è passati da una media di 17 ore a settimana alle attuali 21/22. Certo, ha rilevato il consigliere, la situazione varia a seconda delle dimensioni della sede e dei consoli che “a volte non sono capaci di gestire il personale”.
“In America Latina tutti abbiamo percepito un miglioramento”, grazie allo sforzo del personale consolare. Lo ha detto Alciati, che ha puntato il dito piuttosto sulla “mancanza di personale” e sulla “disomogeneità” nel trattamento delle pratiche non solo tra Consolati ma anche da Paese a Paese. In alcuni casi è stata persino rilevata la migrazione dei cittadini da una circoscrizione all’altra per poter ricevere quei trattamenti e servizi altrimenti impossibili.
Per Arcobelli il problema è a monte: “i disastri sono cominciati quando hanno iniziato a chiudere le sedi consolari nel 2012”. A ciò si aggiunga la scarsità di risorse dovuta a quel “2% di budget annuale” che spetta alla Farnesina. Serve dunque un “sollecito politico affinché l’amministrazione possa gestire tutto in maniera più efficiente”.
Dal Regno Unito è giunta la proposta di Zaccarini di utilizzare per tutti il parametro del “Performance related pay”, ovvero il pagamento a prestazioni, in modo tale da stimolare quella “piccola percentuale di personale che non lavora al meglio”.
Il Cgie può “aiutare l’amministrazione ad efficientare il servizio” facendo emergere buone pratiche alternative, ha osservato Billè, ma bisogna partire dall’analisi del “rapporto tra personale, utenza e risorse”.
“Controcorrente” l’intervento di Tabone che ha riconosciuto “la buona volontà dei consoli e del personale che in Francia fanno un lavoro eccezionale”. È vero che “molto Consolati sono sotto organico” e “ci sono problemi ovunque”, ma va anche detto che Comites e Cgie hanno aperto un “filo diretto” con i consoli che ha consentito di gestire molte emergenze, come quelle per le persone più anziane. Resta il fatto che “la politica deve dare più risorse al Maeci” da destinare ai Consolati.
“In ogni territorio ci sono delle difficoltà. La fotografia delle difficoltà è già un passo in avanti” e “i dati ci dicono che il paziente è malato”. Così Ricciardi che, nella sua doppia veste di consigliere e parlamentare, ha ammesso anche ‘esistenza di “singole realtà dove ci sono sperimentazioni che producono dei risultati” e “le buone pratiche sperimentate sono un primo punto di partenza”. Una di queste potrebbe essere il modello spagnolo che abolisce la necessità di rinnovare i documenti dopo i 70 anni: “non risolverà i problemi, ma aiuterà a risolverli” perché consentirà un abbattimento dell’affollamento del 30%. Ricciardi ha invitato inoltre i colleghi consiglieri a seguire l’attività legislativa in iter per far arrivare la voce del Cgie direttamente nelle stanze della politica.
Mangione ha sollevato la necessità di trovare un modo per monitorare le richieste di servizi presentate tramite il sito Prenotami o telefonicamente, attualmente non disponibili, ma ha anche invitato i colleghi a non presentare “denunce generiche sui Consolati che non funzionano”, senza che vi siano dati che lo dimostrino.
“Prenotami ha un solo merito che è quello di nascondere i veri dati”, perché non consentirà mai di sapere qual è il numero delle richieste inoltrate. Senza filtri l’intervento di Gazzola, che ha parlato di un “problema di sistema”. Un tempo, ha detto, “questi erano problemi rilevanti solo in America Latina. Ora se ne parla anche in Europa” e ciò vuol dire che, al netto della mancanza di personale, il “problema” sta in “un sistema che non riesce a far lavorare bene i nostri Consolati”. Senza contare la mancanza di “sensibilità non tanto da parte dei consoli, quanto di alcuni funzionari e operatori dei Consolati che pensano che il problema stia solo nel numero dei residenti nella circoscrizione”.
Carmignani ha portato la sua esperienza personale a Lione, dove secondo la relazione di governo l’attesa media per il rinnovo dei documenti è di 5/6 settimane. Nel suo caso ha impiegato un mese per riuscire a prendere appuntamento che gli è stato dato dopo 9 mesi. Sarebbe dunque “opportuno equilibrare i tempi di attesa tra Consolati in uno stesso Paese”.
“Portatore di buone notizie”, Stabile ha riferito di un accordo politico a livello di parlamento europeo per la definizione di un quadro comune relativo all’identità digitale di tutti i cittadini europei, che “potrebbe limitare l’ingolfamento dei nostri Consolati”.
“Quando parliamo di 3 o 5 o 9 mesi per ottenere un passaporto stiamo parlando di una situazione veramente emergenziale. Non è credibile che in un Paese come il nostro sia possibile portare avanti servizi con questi ritmi”, ha tuonato Lodetti. “Tutto questo dipende da risorse umane e finanziare che non sono adeguate alla necessità”, ha proseguito, auspicando poi che parte degli introiti dei Consolati possano essere “convogliati” nell’applicazione delle “buone prassi che si iniziano a registrare in alcune sedi”.
Si è rivolta direttamente al dg Vignali la consigliera Puton per sapere se l’uso del servizio Prenotami sia obbligatorio o a discrezione delle sedi, visto peraltro che in quella di Porto Alegre tutto avviene via email e “nel giro di 8 settimane l’utenza può accedere a un servizio passaporti” e “in 48 ore a quello dello stato civile”. Tutto ciò, ha tenuto a sottolineare Puton, grazie a un console generale “giovane e coraggioso”, il reggente Caruso, “che ha implementato e reso più agile il Consolato”, gestendolo “come un’azienda che deve dare i suoi frutti”. Con sette nuove postazioni, quello di Porto Alegre è ora uno dei 4 Consolati “più efficienti e virtuosi al mondo”. Peraltro, ha concluso Puton, la mail è utile anche a capire i numeri delle richieste inoltrate dalla cittadinanza.
Morello ha auspicato l’intervento della Farnesina con l’indicazione di “procedure specifiche” in ogni ambito ed una “preparazione previa” dei consoli, mentre Merlo ha segnalato una “grave” prassi iniziata in Sud America, poi estesasi in Centro e Nord America e che “presto arriverà in Europa”. Nella pratica per la richiesta della cittadinanza “gli avvocati stanno sostituendo i Consolati”. Si tratta di un “fenomeno legittimo”, ha precisato Merlo, ma, ha aggiunto, “siamo davanti alla perdita di sovranità dello Stato nel diritto di cittadinanza”. Inoltre, ha denunciato chiedendo un intervento politico, “entriamo nella plutocrazia: può diventare cittadino italiano solo chi ha i soldi per pagare un avvocato”.
Ha ascoltato tutti gli interventi per poi rispondere ad ognuno Luigi Maria Vignali, nella convinzione che i servizi consolari siano il “cuore dell’attività della nostra Direzione Generale”. Ed è partito da un “presupposto importante”: “ci sono consoli che possono fare la differenza”. Quando poi il console in qualche modo abdica al suo compito “il controllo dall’alto che qualcuno ha evocato c’è” e continueremo a “monitorare la situazione”, ha assicurato Vignali. In generale però e sebbene vi siano delle differenze, “c’è un miglioramento percepito” nell’erogazione dei servizi, che in alcuni Consolati vengono dati “quasi a vista”, mentre in altri hanno “tempi più lunghi”. Il “nodo” per Vignali sta nella mancanza di personale Che fare? “Assumerlo o incentivarlo a andare in sedi più complicate, in cui c’è una maggiore pressione consolare”. Su questo l’amministrazione sta lavorando, ha detto il dg, che personalmente ha avanzato una “proposta formale” per l’introduzione di una sorta di “ricompensa funzionale”.
La Farnesina è aperta a “soluzione alternative e innovative”, come la proposta di rinnovo della Carta d’identità a tempo indeterminato oltre i 70 anni, che però dipende dal Ministero dell’Interno, o altre “sperimentazioni che hanno dato buoni risultati”, sebbene “ogni sede fa scuola a sé”. Ad ogni modo “se avete proposte, avanzatele”, è stato l’invito ai consiglieri. “Se poi c’è qualche console refrattario, fatemelo sapere. È già successo…”.
Sul caso specifico di Lione sollevato durante il dibattito, Vignali ha assicurato: “farò i miei approfondimenti”.
Al momento Vignali sta sostenendo anche la proposta di legge che consentirebbe di reinvestire nelle sedi, almeno in parte, le percezioni consolari, ma intanto “il numero dei passaporti emessi aumenta del 10/20% l’anno. Vuol dire che la rete riesce a dare delle risposte. Purtroppo anche i tempi di attesa a volte aumentano”.
Per il direttore generale non si può dunque parlare di “emergenza” visto che i tempi per il rilascio del passaporto all’estero sono migliori rispetto all’Italia, dove a volte “ci vuole un anno, quando si riescono ad aprire gli slot”. Certo, ha ammesso, “c’è margine di miglioramento” e se la collaborazione con patronati ed enti da più parti auspicata può essere d’aiuto “cercherò di favorirla”, ha detto.
Quanto alle modalità di prenotazione, quella telematica non è obbligatoria: “ci si organizza in base alla sede”, sebbene Vignali abbia espresso la propria “perplessità” sul mancato uso di Prenotami. “La media di utilizzo del portale Fast it è dell’85%”, ha riferito, “c’è un 15% che utilizza invece i canali normali”.
Parlando di “procedure standardizzate”, si corre il rischio di cadere nei gangli della “burocrazia”, ha detto Vignali, per il quale sarebbe meglio lasciare “un margine di flessibilità organizzativa” alle sedi.
Sulla “sensibilità” degli operatori “stiamo insistendo molto”, anche se non sempre l’idea di “accogliere con il sorriso” ha un seguito; come pure la formazione dei consoli prima della loro partenza già è prevista con “moduli importanti” che preparino gli operatori.
Il fenomeno preoccupante sollevato infine da Merlo “sta assumendo numeri importanti”, ha confermato Vignali, ed “è un problema che dobbiamo affrontare”.
Il dibattito sembrava concluso, ma il vice segretario Conte è intervenuto rivolgendosi direttamente a Vignali. “Ferma restando la sua buona fede, chiudiamo con una menzogna sui tempi di attesa” e “questo vuol dire che i consoli le danno informazioni non veritiere”.
Il direttore generale ha accolto la preoccupazione del Cgie. “Scriverò personalmente a tutti i consoli entro una settimana per chiedere conto della discrasia tra le informazioni che mi sono state date” – 5/6 settimane – “e quelle che il Cgie mi ha riferito” - da 5/6 a 8/9 mesi –. “Ci potrebbe essere qualche console che imbroglia, in altri casi però la situazione è migliore”.
Non è finita qui.
Per Gazzola “non si tratta di chi imbroglia, ma per colpa del sistema non è possibile calcolare realmente i tempi”, tanto più se una Ambasciata, come è accaduto in America Latina, “blocca le richieste di appuntamento per la cittadinanza perché non ha personale”. In questo caso “come contiamo i tempi? Se l’appuntamento non esiste, il tempo di attesa non è misurabile”.
Sempre in Sud America è stato sollevato il caso di San Paolo, dove il Consolato ha deciso di aprire lo slot di prenotazione a orari casuali e variabili. Una scelta dettata dalla volontà di “non facilitare i faccendieri”, ma che di fatto penalizza il cittadino che non può passare l’intera giornata al computer cercando di prenotare. Se ci riuscisse i tempi di attesa per l’appuntamento possono arrivare fino a 12 mesi. Il consigliere Taddone ci ha provato 18 volte, poi mi si è affidato a un’agenzia che il giorno stesso ha ottenuto l’appuntamento. (r.aronica\aise)