Da Falcone e Borsellino il testimone è passato nelle mani di ciascuno di noi

ROMA\ aise\ - “La tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. Con atti spietati di guerra, si voleva piegare lo Stato e sottomettere la società. Le Istituzioni e i cittadini lo hanno impedito. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 32° anniversario della strage di Via D'Amelio, quando morirono Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Da allora, il 19 luglio “è un giorno di memoria e di impegno per la Repubblica”, ha sottolineato Mattarella, che ha rivolto il suo “primo pensiero ai familiari dei caduti, al loro infinito dolore, alla dignità con cui, a fronte della disumana violenza mafiosa, hanno saputo trasmettere il senso del bene comune e hanno sostenuto la ricerca di una piena verità sulle circostanze e i mandanti dell’attentato”.
Una ricerca, ha ricordato il Presidente, “ostacolata da depistaggi. Il cammino della giustizia ha subito tempi lunghi e questo rappresenta una ferita per la comunità. Il bisogno di verità è insopprimibile in una democrazia e dare ad esso una risposta positiva resta un dovere irrinunciabile”.
Paolo Borsellino, e con lui Giovanni Falcone, hanno inferto con il loro lavoro colpi decisivi alla mafia. Ne hanno disvelato trame e dimostrato debolezze, lasciando un’eredità preziosa, non soltanto per indagini e processi. Hanno insegnato che la mafia si batte anche nella scuola, nella cultura, nella coerenza dei comportamenti, nel rigore delle Istituzioni, nella vita sociale. Questi insegnamenti – ha concluso – continuano a segnare il dovere della Repubblica”. (aise)