Bellunesi nel mondo/ Alpini, emigranti, italiani. Quel nostro Dna che non vede confini – di Dino Bridda

BELLUNO\ aise\ - “Negli anni ’60, quando i pionieri dell’allora Associazione Emigranti Bellunesi solcavano le strade d’Europa spingendosi poi anche oltre gli oceani, la missione era facilitata se incontravano sul loro cammino una missione cattolica o un Gruppo di Alpini. Proprio grazie a queste due realtà aggreganti, fu facile accendere il fuoco di una Famiglia Bellunese dopo avere respirato aria di fratellanza, nostalgia del paese natìo e ammirevole laboriosità”. Inizia così l’editoriale con cui Dino Bridda apre il numero di aprile di “Bellunesi nel mondo”, mensile edito dall’omonima associazione.
“La missione cattolica e i valori che esprimeva erano un collante da imitare, tanto è vero che don Mario Carlin scrisse nel libro dei vent’anni dell’Aeb: “Si volle inoltre il nuovo organismo apartitico, aperto al contributo di tutti e, pur animato come reciterà lo Statuto, da “principi cristiani”, affidato alla piena ed autonoma responsabilità di laici coscienti e preparati”.
Non meno importante, nelle fila della nostra emigrazione, ieri come oggi, appare l’apporto delle penne nere, basti pensare che l’Associazione Nazionale Alpini annovera nei suoi organici all’estero ben 30 Sezioni con 5 Gruppi autonomi (4 del Canada e Russia) e 130 Gruppi sparsi in Europa, Asia, Australia, Africa e America del Nord e del Sud.
Sospesa la leva obbligatoria, è chiaro che la tendenza è l’assottigliamento delle fila dovuto all’età avanzata dei soci, sia in Italia che all’estero. Ma la penna nera è ancora ben viva. Ne avremo ulteriore esempio a metà maggio a Vicenza con la 95a Adunata nazionale dove non mancheranno gli Alpini delle Sezioni estere. Orgogliosi di esistere e di resistere, orgogliosi del loro DNA che odora di sano volontariato.
Possiamo dire che l’attività di Alpini ed Emigranti si “intreccia” come accade fra Alpini e Bellunesi. Infatti non è dato da trascurare il fatto che, su una popolazione di 198.000 abitanti, le tre Sezioni alpine di Cadore, Belluno e Feltre contano circa 12.000 iscritti tra i quali tre nuclei consistenti di volontari di Protezione Civile. Dietro il quadro sin qui esposto esiste e resiste incrollabilmente una realtà virtuale, che potremmo chiamare “alpinità”, che corrisponde però ad una realtà concreta fatta di uomini e donne, con il cappello alpino o con il berretto norvegese, che ogni giorno si dedicano alla solidarietà, all’aiuto reciproco, alla presenza concreta nelle nostre comunità, alla testimonianza di Valori propri della cittadinanza attiva.
E non è difficile scorgere nelle nostre Famiglie Bellunesi, sparse ovunque, tasselli di eguale importanza che vanno a comporre il mosaico di comunità coese, fedeli ai princìpi statutari e dispensatrici di generosità.
Azzardiamo un parallelo. Nel 1872 il Regno d’Italia costituì le prime quindici Compagnie alpine formate da valligiani adusi a difendere i confini dell’intero arco alpino. Furono baluardi spesso messi alla prova ed oggi, nell’ambito della Forza armata italiana, continuano ad esserlo per l’intero Paese. Parallelamente sembra di identificare negli Italiani all’estero un simile baluardo che propugna e difende storia, cultura, tradizioni, usi, costumi e lingua di un’Italia che deve anche a loro la considerazione degli stranieri verso il nostro Paese.
Emigranti e Alpini, Alpini ed Emigranti, facce di una stessa medaglia fatta di impegno solidale, di mani tese prima che siano richieste, di Valori che l’umanità riconosce sempre meno: tutto ciò non può e non deve essere cancellato. Anche se saremo sempre meno, non ci rimane che fare come gli Alpini del 1872: resistere e difendere, contro ogni vento contrario. In Italia come all’estero”. (aise)