Bellunesi nel mondo/ Lavorare nel Bellunese? Quando sapevamo come far rientrare gli emigranti – di Simone Tormen

BELLUNO\ aise\ - ““Una iniziativa concreta e pionieristica dalla provincia di Belluno”. La presentava così, nel 1967, il notiziario Selezione del Centro Studi Emigrazione di Roma. Di più. La rivista degli Scalabriniani sottolineava come il percorso che il nostro territorio si accingeva a percorrere rappresentasse un “discorso che va assolutamente allargato”. Un discorso, aggiungeva, “che occorre, in Italia, finalmente far uscire dal vago”. Di cosa si trattava? Di un’operazione per il rientro programmato degli emigranti”. A scriverne è Simone Tormen su “Bellunesi nel mondo”, mensile dell’omonima associazione diretto da Dino Bridda.
“Ecco l’annuncio di Selezione: “Una provincia tradizionalmente emigratoria dell’Italia settentrionale, con larghe sacche di depressione economica, ha annunciato la realizzazione, entro il prossimo anno, di una iniziativa che potrebbe costituire un esempio significativo, se non addirittura una sfida, a tante altre provincie italiane interessate al fenomeno emigratorio: il ritorno programmato entro il 1968 di oltre 500 emigrati bellunesi all’estero”.
Regista del piano era l’Associazione Industriali di Belluno, in collaborazione con la “nostra” Abm, all’epoca Associazione Emigranti Bellunesi, costituitasi da un anno.
Gli Industriali anticipavano la volontà di creare, entro la primavera del 1968, cinquecentotrenta nuovi posti di lavoro in otto comuni del Bellunese: Alano, Feltre, Longarone, Mel, Santa Giustina, Ospitale, Ponte nelle Alpi e Trichiana. Posti da riservare a bellunesi all’estero interessati a rioccuparsi in provincia.
Come raggiungere questi emigranti per fargli valutare la proposta di rimpatrio? Tramite l’Aeb, impegnatasi a pubblicare sul mensile “Bellunesi nel mondo” una scheda di prenotazione appositamente predisposta, scheda che i lettori (all’epoca 22mila, presenti in quattordici Paesi europei, diciotto delle Americhe, venticinque dell’Africa, undici dell’Asia, in Australia e in Nuova Zelanda) avrebbero potuto ritagliare, compilare e rispedire a Belluno.
Quali le occupazioni disponibili?
Cento ad Alano (cinquanta per uomini e cinquanta per donne) nei comparti della meccanica generale e dell’elettromeccanica (aggiustatori meccanici, tornitori, fresatori, alesatori, trapanisti), degli alimentari (confezionatori, inscatolatori, addetti alla preparazione dei cibi) e della maglieria (telaisti, addetti ai telai rettilinei, montapettini, cucitori, addetti al taglio, addetti alla confezione di parti staccate, addetti alle macchine rimagliatrici). Cinquanta a Feltre, nel tessile e nella filatura, tutti per donne che, in possesso di cognizioni generali di tessitura e conduzione di telai meccanici, fossero disposte a lavorare in qualità di molatrici di carde, filatrici, registratrici, aggiustapettini, addette ai battitoi, spolatrici, ribobinatrici.
Centocinquanta a Longarone (settanta uomini e ottanta donne), per addetti al montaggio e avvolgimento di elementi elettrici, addetti a operazioni di collegamento fili elettrici e relativa saldatura a goccia, bobinatori (settori: meccanica, elettromeccanica, produzione condensatori); tessitori e conduttori di telai meccanici, molatori, filatori, registratori, aggiustapettini, addetti ai battitori, spolatori, ribobinatori (tessile e filatura); scalpellini, segatori di marmo, fresatori (lavorazione del marmo e dei materiali lapidei). Inoltre, per lavorazioni ausiliarie: elettricisti, periti tessili, conduttori di caldaie a vapore.
Cinquanta uomini potevano trovare impiego a Mel come aggiustatori meccanici, tornitori, saldatori, fresatori, alesatori, trapanisti, avvolgitori, bobinatori e montatori di avvolgimenti, periti elettromeccanici, elettricisti e conduttori di caldaie.
A Ospitale i posti (tutti per uomini) erano quaranta, nei comparti cartotecnico e siderurgico. Figure richieste: conduttori di macchine stampatrici, conduttori di rotative, addetti alle taglierine, pressatori, imballatori, gruisti, addetti ai ponti gru, addetti ai forni, temperatori.
Ponte nelle Alpi poteva dare lavoro a venti uomini nella carpenteria in ferro, tra aggiustatori meccanici, fabbri, elettricisti, saldatori a gas ed elettrico, verniciatori. A Santa Giustina la ricerca di personale riguardava l’ambito della produzione di carta e cartone. La domanda era di cinquanta uomini, addetti alla cottura del legno, conduttori di sminuzzatrici, addetti ai forni, conduttori di scortecciatrici, addetti agli sfibratori. Trichiana, infine, aveva spazio per settanta operai (uomini) qualificati per operare nella ceramica (colatori e rifinitori, riparatori delle forme in gesso, verniciatori a spruzzo di smalto bianco, addetti ai forni continui) e nei manufatti in cemento (cementisti, gabbisti, impastatori).
Tutti posti, quelli elencati, che - garantiva l’Associazione Industriali - erano sicuri e, anzi, suscettibili di ulteriore aumento, data la costruzione e l’entrata in produzione, in quel periodo, di diversi complessi produttivi.
“L’iniziativa che è stata lanciata – concludeva il Centro Studi Emigrazione - apre una nuova speranza. La speranza che altre provincie, sotto l’impulso di responsabili e dinamiche Associazioni professionali, promuovano iniziative similari a quella di Belluno, dimostrando agli scettici che è possibile, qualora seriamente lo si persegua, raggiungere l’obiettivo di utilizzare le qualifiche acquisite dai nostri emigranti all’estero, facendoli attivamente e direttamente partecipare, sul piano della programmazione economica locale, allo sviluppo delle zone di origine”.
Un tema che suona più che mai attuale, anche oggi, a quasi sessant’anni di distanza”. (aise)