Il Cittadino canadese/ Carlo Cracco conquista i palati montrealesi – di Vittorio Giordano
MONTRÉAL\ aise\ - “Il 3 ottobre scorso, presso lo storico ed iconico ristorante Le 9e, situato al 9º piano dell’Eaton Center di Montréal, si è tenuto il prestigioso gala annuale della Camera di Commercio Italiana in Canada (CCIC), giunto alla 29esima edizione. Sotto la presidenza d’onore di Nicolas Touchette, cofondatore e direttore generale del ‘Groupe Touchette’, a ‘rubare la scena’ è stato Carlo Cracco, Chef pluristellato di fama internazionale”. Ne scrive Vittorio Giordano che ha intervistato lo Chef per il “Cittadino canadese”, settimanale che dirige a Montreal.
“Nato a Vicenza, classe 1965, fra gli allievi del celeberrimo Gualtiero Marchesi, Cracco ha iniziato la sua carriera presso il ristorante Da Remo a Vicenza, e ha poi lavorato in ristoranti stellati, come l’Enoteca Pinchiorri a Firenze e il rinomato Le Louis XV di Alain Ducasse a Monaco. Ha aperto diversi ristoranti, tra cui il suo celebre Ristorante Cracco a Milano, che ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti come le stelle Michelin.
Cracco è diventato un volto noto anche grazie alla tv, soprattutto come giudice di MasterChef Italia. La sua cucina si distingue per l’uso creativo degli ingredienti tradizionali italiani, spesso rivisitati in chiave moderna e sofisticata. Ha scritto diversi libri di cucina, è un’icona del settore culinario italiano e domina la scena gastronomica globale. Compresa quella di Montréal, dove, nel corso di una serata eccezionale, più di 220 soci, partners, collaboratori e amici della CCIC si sono ritrovati per degustare la cucina esclusiva di Cracco in un’atmosfera raffinata ed elegante.
Tra gli ospiti, ricordiamo l’Ambasciatore d’Italia in Canada, Andrea Ferrari, e il Console Generale d’Italia a Montréal, Enrico Pavone.
A fare da maestro di cerimonia è stato Francesco Biondi Morra di Belforte, direttore generale della CCIC, che ha poi introdotto sul palco il presidente del cda della Camera, Carmine D’Argenio, e il presidente d’onore della serata, Nicolas Touchette. Prima di servire le 4 portate, a prendere la parola è stato Carlo Cracco: “È la mia prima volta a Montréal, mi ha fatto un’ottima impressione e spero di tornarci. Abbiamo portato ingredienti dall’Italia, ma abbiamo utilizzato anche dei prodotti locali, che si sono integrati perfettamente nelle nostre ricette. Questo perché la cucina è un linguaggio universale ed è un modo di stare insieme”.
Qui di seguito la nostra intervista.
Come ha trovato Montrèal?
“Città forte, aperta e dinamica, simile a Milano, ma con più verde. A colpirmi, però, è stato soprattutto lo spirito canadese”.
Come si coniuga la sua cucina con questo spirito?
“Il metodo più semplice è sempre quello di far assaggiare, di spiegare quello che hai messo nel piatto. Se lo fai bene, di solito funziona. Partiremo dall’uovo, che è un nostro classico-signature, arricchito con tartufo bianco, crema di mais, funghi e zucca”.
Lei usa sempre meno carne in cucina?
“Se la carne è buona, va benissimo, però è molto più interessante la parte vegetale: è ricca, diversissima, basta cambiare un’erba per cambiare un piatto, puoi spaziare molto di più. La carne è un po’ più noiosa, mentre la parte vegetale è talmente bella e variegata che ti diverti”.
Quanto è importante la cucina italiana per gli emigranti di ieri e oggi?
“Una volta i nostri emigranti si portavano dietro le materie prime, le verdure, il salame, il caciocavallo. Nei posti in cui andavano non c’era niente di tutto questo e, per sentirsi meno soli, si portavano dietro le loro cose. Che poi è il messaggio più bello: non contava tanto quello che andavano a fare, ma quello che riuscivano a portarsi via da casa e a piantare altrove. Oggi molte di queste materie prime si producono anche in Canada. Col passare delle generazioni, gli italiani sono diventati canadesi ma conservano sempre il loro heritage. L’importante è cercare di migliorare non tanto il prodotto in sé, ma la percezione della qualità. Le cose buone fanno la differenza e noi dobbiamo cercare di abituare sempre più persone a mangiare cose buone. Per noi la cucina è famiglia, riunirsi, condividere, al di là degli ingredienti e dai sapori. Ad accomunarci è lo spirito, la voglia di stare insieme”.
Come definisce la sua cucina?
“Cerchiamo di fare una cucina italiana contemporanea, con un tocco moderno, ma anche un po’ d’ironia. L’uovo, per esempio, è la nostra ricetta più bella: è uguale dappertutto ed essere riuscito a trasformarlo in qualcosa in più è stata una grandissima soddisfazione. Basta vedere l’uovo, e in generale ciascun ingrediente, come un’opportunità da cogliere per farne cose diverse. L’uovo può essere servito con il tartufo, la carne, il pesce, il vegetale. Tutti lo mangiano. In modi diversi. E quindi diventa un messaggio. Ed è questa la cosa più bella”. Dopo Masterchef, è tornato in tv con Dinner club.
“La cosa più bella che potessi fare. È una trasmissione che adoro perché si viaggia e si scoprono Paesi spesso mai nominati prima e, soprattutto, si conoscono persone vere. Anziani che magari non sono mai usciti dai loro paesini e che ti fanno assaggiare prodotti o ricette pazzesche. Farlo, poi, con un attore o un’attrice, che ci rappresentano sul grande schermo, è ancora più bello”.
Quanto è importante mangiare bene, senza fretta e in compagnia?
“Mangiare non è solo nutrirsi. Purtroppo è difficile trasmettere questo messaggio, anche perché oggi è la società che ti impone di correre. Però, quello che noi dobbiamo sempre cercare di far capire che non è mangiando che stai meglio, ma è sedendoti a tavola, condividendo un pasto per un paio d’ore: è questo che ti aiuta a essere più socievole, ad avere un atteggiamento diverso e non essere sempre ‘impiccato’. Poi, finito il pranzo o la cena, dovrai correre comunque. Tanto vale ritagliarsi un angolo tutto tuo, con il cibo che lo accompagna e lo riempie. E se è buono, è ancora meglio, perché alla fine te lo ricorderai””. (aise)