La Voce di New York/ Dazi, tregua transatlantica: siglato l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea – di Massimo Jaus

NEW YORK\ aise\ - “Stati Uniti e Unione Europea hanno finalmente messo nero su bianco un accordo che fino a pochi giorni fa sembrava destinato a rimanere soltanto una stretta di mano tra Donald Trump e Ursula von der Leyen. La nuova intesa sui dazi, presentata come “equa ed equilibrata”, arriva dopo mesi di minacce di guerra commerciale e segna una tregua attesa in una delle relazioni economiche più importanti al mondo. Il testo, che non è ancora giuridicamente vincolante, ma che dovrebbe trasformarsi in un patto formale, prevede una tariffa uniforme del 15% sulla maggior parte dei prodotti europei, compresi auto, farmaci e semiconduttori. Non è la scure del 50% evocata da Trump nelle scorse settimane, ma resta comunque molto più alta rispetto al passato, quando le aliquote oscillavano intorno al 2% La Casa Bianca lo ha definito un passo verso un commercio più “giusto”, fuori dagli schemi dell’Organizzazione mondiale del commercio, mentre a Bruxelles si sottolinea soprattutto la stabilità garantita agli esportatori”. Ne ha scritto in questo pezzo Massimo Jaus sulle pagine de “La Voce di New York”, quotidiano italiano attivo nella grande mela diretto da Giampaolo Pioli.
“Per l’industria automobilistica la partita resta aperta. Gli Stati Uniti non abbasseranno subito i dazi al 15%, lasciandoli per ora al livello attuale del 27,5% e lo faranno soltanto dopo che l’Unione Europea avrà varato una legislazione per ridurre i dazi sui prodotti agricoli e industriali americani. Un vincolo pesante per le case automobilistiche europee, già in difficoltà a causa della contrazione delle vendite e degli standard ambientali sempre più stringenti.
Accanto alle concessioni tariffarie, l’intesa contiene impegni imponenti. Bruxelles ha promesso di acquistare fino al 2028 circa 750 miliardi di dollari di energia americana, tra gas liquefatto, petrolio e prodotti nucleari, e almeno 40 miliardi in semiconduttori per l’intelligenza artificiale. In parallelo, le imprese europee hanno messo sul tavolo investimenti negli Stati Uniti per circa 600 miliardi, con un’attenzione particolare agli appalti nella difesa per rafforzare l’interoperabilità NATO.
L’Italia guarda con interesse, ma anche con cautela, a questo nuovo equilibrio. Nel pomeriggio si riunirà alla Farnesina la Task force dazi per illustrare i dettagli dell’accordo alle associazioni produttive. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato di un passo importante per dare stabilità agli scambi e alle industrie strategiche, indicando tra i comparti più esposti l’automotive, la farmaceutica e i semiconduttori. Ma è sul terreno della meccanica e della robotica che si gioca la partita decisiva. Le esportazioni italiane di macchinari verso gli Stati Uniti rappresentano il cuore dell’export nazionale, davanti al vino, al cibo e al lusso, ed è proprio qui che la tariffa uniforme del 15 per cento rischia di mordere di più, colpendo aziende che hanno costruito la loro leadership globale sull’automazione industriale e sulla capacità di innovare.
Accanto alla grande industria, restano però aperti molti interrogativi per il settore agroalimentare, che in termini assoluti pesa meno ma ha un valore simbolico e quotidiano enorme. Prodotti come il Parmigiano Reggiano, la pasta, i vini italiani e i derivati del pomodoro rischiano rincari significativi. Non si tratta solo di beni di lusso o di export di nicchia, ma anche di acquisti che fanno ogni giorno le comunità italiane negli Stati Uniti, per mantenere un legame con la propria cultura gastronomica e con le tradizioni familiari. Un aumento dei dazi potrebbe tradursi in scaffali più cari nei supermercati, in ristoranti italiani costretti a ritoccare i menù e in una domanda in calo per prodotti che rappresentano l’identità italiana nel mondo.
Le reazioni in Europa sono miste. Ursula von der Leyen ha salutato l’accordo con toni trionfali, sostenendo che garantisce le migliori condizioni possibili per aziende e consumatori, ma a Parigi, Berlino e Roma non mancano i dubbi. In molte capitali l’intesa viene percepita come un compromesso al ribasso, con l’Unione costretta ad adattarsi alla retorica di Trump sul commercio “ingiusto” e a pagare un prezzo alto per evitare una guerra tariffaria che avrebbe danneggiato tutti.
Il risultato, almeno per ora, è una tregua fragile. Un documento di tre pagine e mezza che congela l’escalation e apre una nuova stagione di negoziati su dossier esplosivi, dagli standard automobilistici alle regole per i giganti digitali, fino alle barriere non tariffarie. È un sentiero stretto, pieno di ostacoli, che però consente a Washington e Bruxelles di guadagnare tempo e di mostrare, almeno per un giorno, la volontà di non trasformare l’Atlantico in un muro doganale”. (aise)