La voce d’Italia/ Il futuro della cittadinanza italiana: un decreto che divide – di Pietro Mariani


MADRID\ aise\ - “Il Decreto-Legge n. 36/2025 ha sollevato polemiche per le sue restrizioni sul riconoscimento della cittadinanza per discendenza (ius sanguinis). Limitando il diritto alla seconda generazione e introducendo obblighi di legame effettivo con l’Italia, rischia di compromettere la connessione con milioni di italodiscendenti e di indebolire il peso culturale ed economico del Paese”. Inizia così l’editoriale che Pietro Mariani, consigliere Cgie per la Spagna, affida alle pagine de “La voce d’Italia”, quotidiano online diretto da Mauro Bafile.
“La diaspora italiana: una risorsa storica e attuale
Con quasi 7 milioni di iscritti AIRE nel 2024, la diaspora italiana è una risorsa inestimabile. Dalle grandi migrazioni del XIX secolo al secondo dopoguerra, milioni di italiani hanno cercato opportunità all’estero, contribuendo alla crescita economica e culturale dei Paesi ospitanti. Le rimesse degli emigrati hanno storicamente sostenuto borghi e famiglie in Italia, mentre le comunità italiane continuano oggi a promuovere il Made in Italy in tutto il mondo.
L’export italiano, che nel 2024 ha superato i 660 miliardi di euro, è sostenuto dalla domanda delle comunità italiane all’estero, come quelle in Stati Uniti, Brasile e Argentina. Negli USA, ad esempio, il Made in Italy rappresenta circa il 10% delle esportazioni italiane, un legame economico che la diaspora mantiene vivo.
Richieste di cittadinanza: numeri e problemi
Nel 2022 sono state concesse circa 213.000 cittadinanze, di cui molte a oriundi italiani in Paesi come Brasile e Argentina. Nello stesso periodo, 217.000 cittadinanze sono state riconosciute a stranieri residenti in Italia, nati nel Paese o per residenza. Tuttavia, migliaia di pratiche restano in sospeso nei consolati e nei comuni italiani, con tempi di attesa che spesso superano i 24-36 mesi, evidenziando la necessità di una riforma efficiente.
Demografia ed economia: un rischio concreto
Mentre in Italia il tasso di fecondità è sceso a 1,18 figli per donna nel 2024, tra gli emigrati italiani si osserva un tasso più elevato grazie a condizioni favorevoli nei Paesi ospitanti. Tuttavia, le restrizioni previste dal decreto potrebbero ridurre di oltre il 60% gli iscritti AIRE nei prossimi 50 anni, con pesanti conseguenze economiche. Una contrazione del contributo della diaspora al Made in Italy porterebbe a una perdita stimata di oltre 200 miliardi di euro all’anno, mentre il turismo delle radici, che genera circa 15-20 miliardi di euro annui, subirebbe una drastica diminuzione.
Proposte e futuro
Per limitare i danni, è essenziale:
Estendere la cittadinanza a minimo tre generazioni, meglio se quattro, legati al passato famigliare con riconoscimento della lingua e della storia italiana;
Valorizzare il legame culturale, riconoscendo la partecipazione ad associazioni italiane e la conoscenza della lingua;
Negoziare la doppia cittadinanza con Paesi come la Spagna;
Incentivare il ritorno degli italodiscendenti con agevolazioni fiscali e programmi per abitazione e lavoro.
Il ruolo del CGIE
Molte di queste proposte sono state elaborate dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). Tuttavia, il Decreto-Legge n. 36/2025, approvato senza consultazione obbligatoria del CGIE, ha compromesso mesi di lavoro. Durante un’audizione in Senato, Maria Chiara Prodi, Segretaria Generale del CGIE, ha ribadito l’urgenza di dialogo e di una strategia condivisa. La riunione prevista a metà giugno a Roma sarà cruciale per presentare proposte che possano limitare i danni e preservare i diritti degli italiani all’estero.
L’Italia ha l’opportunità di rafforzare il legame con le sue comunità all’estero, trasformandole in una risorsa strategica per il futuro economico e culturale del Paese. Ora è il momento di agire con lungimiranza”. (aise)