I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – Realizzare nuove strutture multifunzionali per pacchi batteria innovativi e celle integrate direttamente nel telaio delle auto elettriche. È quanto si propone il progetto MUST, finanziato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy con oltre 4 milioni di euro, al quale partecipa ENEA insieme ad Aerosoft spa (capofila), e ATM srl.
“Negli ultimi anni la crescita e la diffusione delle auto elettriche sta avendo un notevole impulso e l’impiego delle batterie negli autoveicoli ha portato nuove esigenze costruttive sia in termini di ingegneria del veicolo che di requisiti tecnici”, spiega il responsabile del progetto per ENEA, Sergio Galvagno, ricercatore del Laboratorio Componenti e sistemi intelligenti per la manifattura sostenibile presso il Dipartimento Sostenibilità. “La sfida tecnologica di primaria importanza per ottenere veicoli sempre più performanti sarà quella di stampare in 3D materiali compositi di nuova generazione per realizzare strutture complesse, ma anche più leggere a parità di requisiti strutturali”.
Il progetto prevede la possibilità di utilizzare nuovi compositi a matrice plastica rinforzati con fibre inorganiche, come carbonio e vetro, le cui proprietà permettono di realizzare manufatti estremamente leggeri e resistenti già applicati con successo in ambito aeronautico e automobilistico.
“Come ENEA sperimenteremo materiali e tecniche di stampa 3D per realizzare componenti automobilistici e svilupperemo attività di recupero e riuso di sfridi e scarti di compositi rinforzati con fibre di carbonio per la chiusura del ciclo produttivo”, prosegue Galvagno. “Per migliorare la sostenibilità ambientale ed economica del settore – conclude - ENEA valuterà i potenziali impatti ambientali associati all’implementazione di questi processi”.
Le strutture alveolari così realizzate garantiranno una rigidezza torsionale equivalente o superiore a quelle attuali. Saranno, inoltre, utilizzate tecnologie produttive e tecniche di giunzione innovative e ingegneria computazionale per l’alloggiamento del pacco batterie.
“Per il progetto MUST ci occuperemo, in sinergia con i partner, della progettazione strutturale dei prototipi contenitori batterie e investigheremo i processi innovativi di presso-termoformatura con materiali compositi termoplastici con e senza fibra per consentire progressi tecnologici di processo e prodotto”, spiega il responsabile scientifico del progetto MUST Giorgio Fusco, responsabile tecnico R&D di Aerosoft. “Le ultime generazioni di batterie sono ancora particolarmente pesanti – conclude – pertanto il trade off con le strutture portanti del veicolo diventa sempre più il focus dei costruttori”.
Aerosoft spa, basata a Napoli con sedi anche all’estero, progetta e produce da decenni componenti con materiali compositi per i settori aerospazio, automotive, navale e ferroviario.
Si è conclusa nei giorni scorsi la fase B del Progetto RAMSESS, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) nell’ambito del programma ALCOR. Un progetto che riguarda lo sviluppo di un nanosatellite da parte di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese guidato dal CIRA e composto da aziende leader nel settore spaziale (IMT, Kayser IT, Due2Lab) e da prestigiose università italiane, tra cui l’Università Federico II di Napoli e il Politecnico di Milano.
La missione ha l’obiettivo di validare in orbita un innovativo rilevatore di radiazioni, sviluppato da Due2Lab e basato su sensore al cadmio-zinco-tellurio (CZT), in grado di effettuare misure dosimetriche selettive e isotropiche di particelle cariche provenienti dalle fasce di Van Allen, dal Sole e dallo spazio profondo. Il dispositivo volerà a bordo di un CubeSat in orbita polare per caratterizzare l’ambiente radiativo nelle regioni ad alta latitudine, condizione che consentirà di acquisire dati privi degli effetti schermanti dell’atmosfera.
La chiusura della fase B, spiega l'ASI, segna la definizione del design preliminare del satellite e prepara il progetto alla successiva fase di progettazione di dettaglio. Le attività svolte, inclusi i test effettuati lo scorso luglio presso il Laboratorio di Qualifica Spaziale del CIRA, hanno confermato la qualifica del breadboard del payload all’ambiente spaziale, necessaria per assicurare la resistenza alle sollecitazioni del lancio e alle condizioni estreme del vuoto spaziale.
Una comunicazione più veloce e sicura è l’obiettivo di molte ricerche di meccanica quantistica. La realizzazione di reti quantistiche, cioè insiemi di nodi lontani collegati attraverso correlazioni quantistiche, sarà il punto di svolta verso la creazione di un nuovo tipo di connettività globale: l’Internet quantistico. La trasmissione di informazione avverrà grazie al teletrasporto quantistico, che permette di trasferire stati quantistici tra luoghi remoti senza necessità di trasmissione diretta, sfruttando l’entanglement quantistico, ovvero una proprietà di correlazione a distanza unicamente possibile nei sistemi quantistici, come i singoli fotoni.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, è nato dalla collaborazione tra due gruppi del Dipartimento di Fisica della Sapienza, Nanophotonics e Quantum Lab, guidati rispettivamente da Rinaldo Trotta e da Fabio Sciarrino, e mostra come realizzare un protocollo di teletrasporto quantistico attraverso il campus della Sapienza, collegando tre nodi stabiliti in tre laboratori diversi e interfacciando emettitori di fotoni, definiti Quantum Dot. Questi sono tra i più efficienti emettitori di segnali ottici nel campo della comunicazione quantistica.
L’aspetto innovativo dell’esperimento è l'utilizzo di Quantum Dots con caratteristiche inizialmente differenti e situati in laboratori distinti. In generale, il teletrasporto quantistico richiede sorgenti di fotoni identiche, molto difficili da fabbricare, ma in questa occasione è stato dimostrato che, "accordando" attivamente le frequenze di due sorgenti diverse tramite campi magnetici e deformazione meccanica, è possibile farle comunicare con alta efficienza fino a utilizzarle per il teletrasporto quantistico.
“Un primo fotone, su cui era “caricato” lo stato da teletrasportare, ha viaggiato da un laboratorio all’altro attraverso una fibra ottica, fino a interferire con un secondo fotone, emesso da un diverso Quantum Dot – spiega Alessandro Laneve tra gli autori dello studio - L’interferenza ha attivato il teletrasporto quantistico dello stato del primo fotone su un terzo fotone legato al secondo da entanglement quantistico. Il terzo fotone ha così viaggiato attraverso un canale in aria dall’Edificio Marconi del Dipartimento di Fisica della Sapienza all’Edificio Fermi, dove è stato analizzato”.
Il trasferimento di informazione è avvenuto quindi da un fotone all’altro, senza che le due particelle avessero mai interagito. Il valore di accuratezza raggiunto è dell’82%, ben al di sopra del limite ottenibile con comunicazione classica. Questo risultato è stato ottenuto, in aggiunta, non solo in ambiente di laboratorio, ma anche in uno scenario applicativo e realistico come quello di una rete ibrida (fibra e aria) che unisce due edifici della Città universitaria.
Il fine ultimo delle ricerche sul teletrasporto quantistico è riuscire a mettere le basi per la realizzazione di un Internet quantistico effettivamente utile. Per fare questo sono necessarie sorgenti di luce quantistica affidabili e ad alta produzione di fotoni e i Quantum Dot sono molto promettenti in questo senso nonostante abbiano ancora diverse irregolarità nella loro fabbricazione. A tal proposito si è compreso che la diversità delle sorgenti di luce quantistica non è un ostacolo insormontabile per il loro utilizzo nelle reti quantistiche e l’utilizzo di Quantum Dot nei nodi di quantum network non solo è possibile ma anzi rappresenta già una soluzione molto matura per la comunicazione quantistica di domani. (focus\aise)