I volti del made in Italy (2)

Roma – focus/ aise - Nasce il Salone del Vino Italiano in Costa Rica. La prima edizione si terrà il 29 maggio, dalle 10:00 alle 17:00, presso il Salón Bromelias dell’Hotel Balmoral a San José per iniziativa dell’ICE – Agenzia Italiana per il Commercio Estero, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a San José e con il supporto della Camera di Industria e Commercio Italo-Costaricana.
L’obiettivo è quello di promuovere l’eccellenza del vino italiano nel mercato costaricano. A tal fine saranno organizzate degustazioni di vini italiani, con la partecipazione attiva di aziende italiane importatrici di vino che operano in Costa Rica.
Per partecipare occorre registrarsi a questo link. Per ulteriori informazioni è possibile contattare Alvaro Gómez Carrillo all’indirizzo email a.gomez@ice.it.
L’alta formazione americana nell’Ospitalità fa il suo ingresso alla Reggia di Colorno e siede ai banchi di ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, per una giornata di immersione nella cultura enogastronomica italiana e nelle tradizioni.
17 allievi del Culinary Institute of America (CIA), la più importante e prestigiosa scuola di cucina degli Stati Uniti, sono giunti in Italia nei giorni scorsi con l’obiettivo di vivere e vedere dal vivo ciò che da mesi stanno studiando sui libri oltreoceano, a New York, incontrando i Maestri della Cucina Italiana e degustando prodotti e ricette iconiche della nostra identità culinaria. In questo loro viaggio hanno fatto tappa a Colorno, anche alla luce della collaborazione che lega da tempo le due Scuole e che si sta concretizzando, come in questo caso, in importanti scambi formativi.
La giornata formativa ha visto gli allievi americani impegnati tra visite ai produttori, lezioni di storia gastronomica, tasting e dimostrazioni di cucina. Fil rouge di questi moduli, uno dei prodotti iconici del nostro territorio: il Parmigiano Reggiano, raccontato dalla sua produzione in caseificio fino alla valorizzazione delle sue note di gusto, in diverse ricette e pairing.
La giornata didattica si è aperta con l’intervento di Fabio Amadei, docente responsabile dell’Area Cultura e Sostenibilità di ALMA, con un excursus storico e geografico sull’enogastronomia italiana e su alcune sue tipicità, tra le quali il Parmigiano Reggiano. A seguire Ciro Fontanesi, sommelier e direttore dell’ALMA Wine Academy, ha guidato i ragazzi in una degustazione di 3 stagionature differenti, 12, 36 e 60 mesi, abbinandole a un altro prodotto di eccellenza locale, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, proposto in due invecchiamenti, 12 e 24 anni. Insieme a lui Simone Ficarelli, referente del settore della formazione per l’Ufficio Marketing e Comunicazione del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che ha spiegato le peculiarità di questo formaggio e le caratteristiche e applicazioni delle varie stagionature. Ficarelli ha inoltre coinvolto gli allievi in una riflessione sul valore del prodotto Made in Italy, sull’importanza della sua tutela e del pericolo dell’italian Sounding, sottolineando come essere Chef significhi anche avere conoscenza consapevolezza dell’autenticità di prodotti e materie prime.
In chiusura, la Chef docente di ALMA Laura Torresin ha tradotto in un risotto eseguito con 3 mantecature differenti il diverso carattere delle 3 stagionature di Parmigiano, dimostrando agli allievi del Culinary Institute of America come anche un piatto all’apparenza semplice come il risotto alla parmigiana possa nascondere declinazioni di sapore inattese in base alla scelta operata per i suoi ingredienti.
“Questo momento rappresenta un passaggio storico, — afferma il Direttore Generale della Scuola Andrea Sinigaglia — il Culinary Institute of America è stata nostra fonte ispirazione primaria durante la progettazione di ALMA. Ospitare gli studenti del CIA, dopo una proficua attività di relazione e una masterclass presso la loro prestigiosa sede di Hyde Park di New York, è motivo di grande orgoglio. Questo appuntamento segna non solo una collaborazione attuale, ma prepara il terreno per una partnership sempre più solida nel tempo, in un paese che ama la cucina italiana ma che ha ancora bisogno di formazione per esprimere appieno il suo potenziale”.
Food Made in Italy e mercato americano. Un matrimonio che potrebbe scrivere una nuova pagina dell’industria agroalimentare italiana. Quello a stelle e strisce per le imprese italiane è un comparto, sommando retail e alcolici, che vale complessivamente 1.500 miliardi di dollari. Dieci volte quello europeo, che non arriva a 150 miliardi. Un mercato dunque enorme, anche se complesso e difficile da aggredire. Ma “il sogno americano” per le imprese italiane è più che possibile.
Se ne è discusso a Cibus, in occasione del convegno USA4 Cibus: le opportunità per le aziende italiane di investire negli Stati Uniti nell’epoca dell’Inflation Reduction Act, realizzato in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy, moderato dalla giornalista di Class CNBC Mariavittoria Zaglio, che ha visto l’intervento di importanti brand quali Auricchio, Levoni, Rigamonti e la partecipazione dell’Associazione Centromarca.
“Per continuare a crescere - ha affermato Antonio Cellie, Amministratore delegato di Fiere di Parma - dobbiamo trovare modelli di internazionalizzazione più rilevanti. Negli Stati Uniti le opportunità sono offerte non solo dai grandi player della grande distribuzione, ma anche a livello locale c’è un interessantissimo 14% di operatori, che da soli valgono più del mercato italiano. Inoltre alcuni trend, che in Europa si sono fermati, oltreoceano continuano a crescere, come l’organic, trainato dalla Generazione Z e dai millennial che chiedono di consumare meno e sempre meglio”.
Un mercato che diversi importanti brand italiani hanno cominciato ad affrontare con successo. È il caso di Auricchio, che già nel 1977 aveva fondato Auricchio Cheese Corporation, ramo di azienda poi ceduto tra il 1992-93, ma che dal 2011 è tornata a puntare con interesse sul mercato USA, tagliando e confezionando i formaggi nel New Jersey. “L’ America ci mancava - ha raccontato il Presidente Antonio Auricchio - siamo presenti in 60 Paesi, ma gli Stati Uniti sono il nostro cuore, una nazione molto importante, dove il business continua a crescere. Oggi nel New Jersey lavorano le nostre persone, che attuano una selezione durissima, perché dobbiamo produrre eccellenze e per farlo dobbiamo realizzare un prodotto distintivo, affinché tutto il mondo lo apprezzi. Bisogna avere coraggio, ma abbiamo fatto capire che italiani hanno la capacità di entrare nel mercato americano”.
Levoni ha prima approcciato il mercato americano attraverso un importatore, cambiando successivamente strategia, per migliorare la penetrazione sul mercato. “Avevamo molti clienti potenziali, che volevano vendere il nostro prodotto - spiega il Presidente Antonio Levoni - ma non potevano perché il nostro distributore era un loro competitor”. Così l’azienda ha deciso di allargarsi anche al retail, costruendo uno stabilimento da 3.500 metri quadri in New Jersey, con linea di affettamento. “Per noi è un canale completamente nuovo, ma aprire una sede direttamente negli Stati Uniti ha fatto la differenza”.
Anche Rigamonti ha approcciato il mercato americano con una duplice strategia. “Produciamo prevalentemente bresaola - spiega Claudio Palladi, Amministratore Delegato di Rigamonti - che non è un prodotto commercializzabile negli Stati Uniti. Così per iniziare a lavorare abbiamo prima acquisito marchi italiani per esportare prodotti e successivamente avviato l’attività per costruire fabbrica”. Il risultato è una stabilmente con tecnologia italiana nel Missouri. “Una scommessa in corso, con i primi dati che non sono incoraggianti, ma di più”.
Rigamonti, come ha ricordato l’AD, è stata agevolata nell’apertura dell’impianto grazie a una stretta collaborazione con lo stato del Missouri. E del resto sia a livello locale che federale gli Stati Uniti offrono una serie di incentivi e occasioni di business, come ha sottolineato Caroline Chung, Principal Commercial Officer U.S. Consulate General Milan. “Nessun altro cibo - ha affermato - influenza la cultura in America e di tutto il mondo come quello italiano. Gli italiani insegnano a trattare il food con rispetto, ad apprezzare tutti i processi di preparazione, a scegliere gli ingredienti con cura. L’industria alimentare italiana ha successo globale grazie alla qualità dei prodotti e alla fama che si è giustamente guadagnata”.
Le occasioni di business sono legate all’Inflaction Reduction Act voluto dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. A disposizione delle imprese, anche straniere, ci sono ingenti crediti fiscali per localizzare progetti legati all’energia pulita, che interessa anche il mondo agroalimentare, che rappresenta il 10% emissioni serre degli USA.
Il prossimo giugno inoltre è disponibile il programma Selected USA, per agevolare gli investimenti che creano posti di lavoro di qualsiasi tipo e dimensione, per tutte quelle aziende che vogliono investire o espandere i loro investimenti.
È dunque un'America più che possibile per le imprese italiane, ma come ha sottolineato Vittorio Cino, Direttore Generale di Centromarca, “occorre alzare il livello medio di professionalizzazione, nel marketing come nella comunicazione, a livello internazionale, senza affidarsi solo alla bravura del singolo imprenditore. Ci sono opportunità di crescita, ma abbiamo bisogno di competenze, formazione e puntuali analisi dei dati. Sono ottimista, perché se saremo capaci di completare quei pezzi che ci mancano, possiamo diventare il primo Paese esportatore alimentare negli USA”. (focus\ aise)