Italiani nel mondo e dove trovarli (3)

ROMA – focus/ aise – Prosegue E-Lab, il progetto di Efasce Pordenonesi nel Mondo che porta nelle scuole della provincia le testimonianze di chi è partito da quei banchi per trovare nuove avventure professionali e di vita nel mondo. Il progetto è sostenuto da Comune di Pordenone, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Fondazione Friuli.
Questa volta è tornata nella sua Pordenone la professoressa Alessandra Raengo, che è attualmente distinguished professor of Moving Image Studies alla Georgia State University. Ha fatto visita agli studenti delle classi 4B e 5B del Liceo artistico Galvani di Cordenons. Ha raccontato loro di come partendo dal Friuli occidentale, dopo aver frequentato il Liceo classico Don Bosco sperimentale, si sia laureata in Filosofia alla Cattolica di Milano per poi specializzare i suoi studi in storia e teoria del cinema alla New York University. Il rapporto speciale con la Grande Mela è nato proprio durante gli anni scolastici.
“Le proprie passioni si possono scoprire anche andando all’estero”, ha raccontato ai liceali. “I miei genitori dopo la maturità mi hanno regalato un viaggio a New York dove già abitava mia sorella maggiore. Dopo essere tornata in Italia ed essermi laureata, sono di nuovo ripartita per gli Usa per frequentare la New York University e specializzarmi sul cinema afro-americano. Ho sempre seguito quello che mi piaceva fare e questo mi ha permesso di studiare molto. Non è facile intraprendere la carriera universitaria, ma ho sempre pensato che bisognasse prima tentare, senza rinunciare a priori ai propri sogni. In tal senso, mi piace usare il termine “professionalizzazione delle proprie passioni”, un modo per trovare attraverso cosa piace la propria strada nel lavoro”.
Tante le domande da parte degli studenti, sia su com’è la vita negli Stati Uniti d’America sia sull’arte afro-americana, dalla pittura alla musica passando per i video: una “liquid blackness”, come da titolo di un progetto accademico curato da Raengo, che pervade vari aspetti dell’espressione artistica.
A introdurre l’incontro la professoressa Elena Marzotto, consigliere di Efasce.
“Il progetto E-Lab ci sta regalando preziosi momenti di incontro tra i nostri corregionali e gli studenti del territorio”, ha commentato il presidente di Efasce Pordenonesi nel Mondo, Angioletto Tubaro, “in un dialogo fecondo tra chi è partito ma mantiene i legami con le proprie origini e chi sta programmando la propria vita futura. Grazie ai nostri speciali relatori che vengono da varie esperienze professionali e di vita nel mondo e agli Istituti scolastici per la loro disponibilità, nonché per il prezioso sostegno da parte del Comune di Pordenone, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Fondazione Friuli. Il progetto prosegue a novembre alla fiera Punto d’Incontro a Pordenone”.
Sono infatti già aperte le prenotazioni per i workshop che Efasce terrà il 12 e 13 novembre a Punto d’Incontro, la fiera dedicata al lavoro, alla formazione e all’orientamento ospitata da Pordenonefiere. L’Ente con il proprio stand sarà al padiglione 9 stand 9.18 entrata Nord dalle 9 alle 17. I due workshop saranno curati dai pordenonesi Roberto Ortolan e Alberto Montemiglio che racconteranno le proprie esperienze lavorative e di vita nel Regno Unito. Mercoledì 12 novembre nella sala 6 padiglione 7 Roberto Ortolan ingegnere in un’azienda di software per veicoli parlerà di simulazione predittiva nella professione del carmaker. Giovedì 13 novembre alle 11.30 nella stessa sala e padiglione il data scientist Alberto Montemiglio parlerà di AI applicata al machine learning.
A Bruxelles, nelle prossime settimane, prenderà forma il Comitato europeo per il Sì alla riforma della Giustizia, promosso dal Circolo culturale “Esperia”. Un’iniziativa che nasce dal basso, tra italiani che vivono e lavorano all’estero, spesso impegnati in istituzioni europee, università, imprese e organizzazioni internazionali, e che conoscono da vicino modelli giudiziari più efficienti, trasparenti e rispettosi dell’equilibrio democratico dei poteri.
Il Circolo Culturale Esperia
Il Circolo “Esperia” è un think tank culturale indipendente attivo a Bruxelles, fondato da professionisti, studiosi, funzionari europei, diplomatici e rappresentanti della società civile. Il suo obiettivo è creare uno spazio di confronto libero da appartenenze partitiche, dove promuovere un europeismo concreto e riflessioni sul ruolo dell’Italia in Europa, sul rapporto tra istituzioni e cittadini, e sulle riforme necessarie per rendere il Paese e l’Europa più competitivi, giusti e moderni.
Esperia è da tempo parte della rete culturale e politica europea che gravita intorno al Martens Centre, il think tank ufficiale del Partito Popolare Europeo, con cui condivide la missione di rafforzare le istituzioni democratiche, promuovere l’integrazione europea e difendere lo Stato di diritto. Pur mantenendo piena autonomia di visione e iniziativa, il Circolo Esperia si riconosce nella cultura politica europeista e dialogante che caratterizza il PPE e il Martens Centre.
Il Circolo, presieduto dal Consigliere de Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) Antonio Cenini, è gestito da un dinamico direttivo del quale fanno parte altri giovani funzionari Ue, come Mattia de’Grassi e Giacomo Di Marzo. Organizza incontri pubblici, seminari, dibattiti, percorsi formativi e attività culturali, rivolti agli italiani residenti in Belgio e a coloro che operano nell’ambito delle istituzioni europee. Non rappresenta lobby, non aderisce a partiti, e non prende posizioni elettorali: sostiene tuttavia idee e principi, tra cui il rispetto dello Stato di diritto come fondamento della democrazia europea, che si ispirano all’europeismo pragmatico e mai dogmatico del piú grande partito europeo: il PPE.
Tra i diversi incontri-dibattito organizzati, si segnala ad esempio quello del 2 febbraio 2023, dal titolo “Qatargate: problema antico o attacco alla democrazia?”. Sebbene lo scandalo giudiziario toccasse soprattutto europarlamentari appartenenti alle sinistre, Esperia – fedele alla sua visione neutrale e priva di filtri ideologici, oltre che sostenitrice del garantismo verso chiunque - diede spazio anche a voci critiche sulla conduzione delle indagini da parte della magistratura belga. Che, secondo alcuni, sembrava voler scimmiottare – senza averne neppure gli strumenti investigativi, come, ad esempio, una Guardia di Finanza - il metodo ambrosiano del “tintinnio di manette” della stagione di “Mani Pulite” dell’Italia degli Anni Novanta. Le critiche di alcuni partecipanti al dibattito si concentrarono soprattutto sulla detenzione preventiva, per oltre quattro mesi, di una vicepresidente del Parlamento europeo coperta da immunità parlamentare, la PSE greca Eva Kaili. Peraltro madre di una bimba di due anni, il padre della quale era stato pure incarcerato. Quei primi dubbi che, in particolare chi scrive, partecipando al dibattito, sollevò immediatamente, in assenza ancora di un preciso impianto probatorio, si sono oggi concretizzati in un libro denuncia, recentemente pubblicato in Italia, a firma di Ludovica Bulian e Giuseppe Castella: “Il Peccato di Eva. Qatargate, affari, intrighi, politica. La vera storia”.
Perché il Sí da Bruxelles
Chi vive all’estero, come chi scrive, conosce bene l’immagine che l’Italia dà di sé quando si parla di giustizia: incapacità di arginare la criminalità, lentezza, imprevedibilità, commistione tra ruolo requirente e giudicante, e una responsabilità diffusa che si traduce troppo spesso in irresponsabilità di fatto. Come ho spesso ricordato in altri miei interventi, la magistratura italiana, seppure caratterizzata da punte di professionalità ed eroismo mediamente superiori a quelle di altri Paesi, appare una creatura alla Frankenstein sfuggita al controllo di chi l’ha portata ad essere ciò che è oggi. Che poco ha a che fare con i Costituenti, troppo spesso invocati a sproposito dai sostenitori del No. Da decenni si parla infatti di riforma. Ma, secondo Esperia, non può essere la magistratura – attraverso un sindacato di categoria come l’Anm - a riformare sé stessa: deve farlo la politica, nel pieno rispetto della separazione e nell’equilibrio dei poteri insegnataci da Montesquieu.
Una riforma che guarda all’Europa
Molti Paesi europei hanno sistemi giudiziari più rapidi, trasparenti e responsabili. In quasi tutta l’Unione europea, le carriere tra pubblici ministeri e giudici sono nettamente separate. A cominciare dalla Francia che, seppure con carriere separate (e persino la dipendenza dei PM dal Ministro della Giustizia, che nessuno ipotizza in Italia), ha portato in carcere un ex Presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, e dichiarato ineleggibile una candidata alla presidenza della Repubblica come Marine Lepen. Quindi, di cosa parla chi parla di separazione delle carriere come rischio per l’indipendenza della magistratura?
La separazione delle carriere, secondo gli europeisti di Esperia, è un pilastro dello Stato di diritto, non un’opzione. Ed è tempo che anche l’Italia, nonostante un’opinione pubblica spesso assuefatta ad una situazione che è tutt’altro che normale, si allinei e corregga storture che minano la fiducia dei cittadini e la credibilità del Paese nel mondo.
Contro la giustizia-spettacolo e lo Stato etico
La giustizia non può essere più spettacolo mediatico. Troppo spesso vicende giudiziarie complesse diventano narrazioni urlate, con conseguenze personali devastanti per chi poi risulta innocente. Da tempo, personalmente, ritengo che bisogna tornare a una Giustizia con la G maiuscola, che protegga e non distrugga, che assicuri verità e non consenso da parte dei sostenitori di uno stato e di una giustizia etici. Che sono le peggiori forme di giustizia e di Stato che una democrazia liberale possa augurarsi.
Chi, come me, ha svolto una lunga carriera a livello investigativo, ha certamente avuto l’avventura di incontrare e conoscere sul campo, assieme ad una maggioranza di PM e colleghi delle forze di polizia integerrimi, anche diversi “talebani dello Stato e della giustizia etica”.
Alcuni di loro (e si potrebbero fare diversi nomi, ma basta leggere le cronache per conoscerne alcuni) avevano l’aggravante di applicare lo Stato etico ai loro inquisiti - a volte veri e propri perseguitati - ma mai, o raramente, a loro stessi e familiari.
La separazione delle carriere, non deve essere vista come una panacea ed un rimedio a tutti i tanti mali della giustizia italiana. Ma è indubbiamente, secondo Esperia e chi scrive, un irrinunciabile ed irrimandabile primo passo in avanti da compiere.
Seppure nel rafforzamento dell’indipendenza della magistratura, sia giudicante che requirente. Iniziando però – come sostengo da sempre, avendola sempre applicata a me stesso - da una rivoluzione culturale, capace di garantire l’indipendenza anche, e soprattutto, dalle ambizioni personali - spesso senza limiti - di certi “talebani dello Stato e della giustizia etica”.
Il ruolo degli italiani all’estero
Il Comitato europeo per il Sì, secondo le intenzioni del direttivo di Esperia, non sarà solo spazio di dibattito e confronto, ma anche presidio di vigilanza democratica sul corretto svolgimento del voto all’estero. “Gli italiani nel mondo sono una risorsa morale, culturale e civile per l’Italia. Conosciamo cosa significa una giustizia che funziona. E sappiamo che il cambiamento è possibile”, ha dichiarato Antonio Cenini. Il quale ha ricordato che “saranno circa cinque milioni gli elettori italiani residenti all’estero chiamati a votare per posta, circa un decimo del corpo elettorale complessivo e il loro voto può essere decisivo per questa importante consultazione. È quindi indispensabile mettere in atto ogni iniziativa utile ad informare adeguatamente gli elettori all’estero sui reali contenuti del quesito referendario, mettendoli nelle condizioni di poter esprimere il proprio voto consapevolmente, pur se molto lontani dalla quotidianità politica del Paese. Si tratta infatti anche dell’ennesimo test sulla sostenibilità dell’attuale sistema di voto all’estero, visto che per i referendum costituzionali non esiste il quorum e, di nuovo, bisogna porsi il quesito se sia giusto che il futuro costituzionale di un paese dipenda anche da un corpo elettorale così lontano e variegato o se non sia il caso di apportare un qualche aggiustamento al sistema vigente”.
“Anche per gli italiani che vivono all’estero – ha aggiunto Mattia de’ Grassi - questa riforma della giustizia è un’occasione storica. Il Paese che amiamo sceglie la direzione della modernizzazione e di una giustizia giusta, presupposto essenziale per uno Stato più efficace e trasparente. Da Patrioti italiani-europei, noi di Esperia ci impegniamo a promuovere il Referendum e sostenere il Sì a questa riforma davvero al servizio di tutti i cittadini.”
Riconquista della fiducia verso la magistratura fuori da un dibattito ideologico
L’Italia, secondo il direttivo di Esperia, non ha bisogno di scontri ideologici, ma di ricostruire fiducia nella Giustizia. “Dare certezza al diritto significa dare dignità alla democrazia. È tempo. E noi italiani all’estero vogliamo fare la nostra parte”, è la parola d’ordine degli europeisti esperini.
“La nostra Europa – ha detto Giacomo Di Marzio - è il baluardo nel mondo della difesa dello Stato di diritto. La violazione di questo principio non si ha solo quando il potere esecutivo invade il campo del potere giudiziario, ma anche quando accade l’inverso. Per questo, la riforma è figlia dell’aspirazione europea alla democrazia e alla libertà”.
Concludendo con un monito: “lo Stato di diritto deve essere rispettato sempre, non solo quando il potere esecutivo esonda nel campo del potere giudiziario, ma anche quando accade l’inverso. E cioè quando il potere giudiziario invade violentemente il campo del potere legislativo e di quello esecutivo. Il rovescio della medaglia è stato troppo spesso taciuto”.
Il Circolo Esperia animerà quindi nei prossimi mesi una vera e propria campagna referendaria a Bruxelles “aprendo le porte a tutti gli italiani all’estero che sentono forte il desiderio di avere una giustizia più giusta in Italia e per allineare il sistema italiano a quello di molti altri Paesi europei. Per aderire basta contattare circoloesperia@gmail.com”, ha concluso Antonio Cenini. Sottolineando che si tratta di un’iniziativa che rappresenterà anche una preziosa occasione per sensibilizzare le autorità competenti a vigliare sul corretto svolgimento del voto postale. (focus\aise)