Italiani nel mondo e dove trovarli

ROMA – focus/ aise - È stata inaugurata al Galata Museo del Mare di Genova la mostra di Giovanni Cerri "L'Italia che partiva. Via mare verso l'America". Aperta al pubblico fino al 14 aprile, la mostra riporta l’attenzione su uno dei fenomeni sociali e culturali più pregnanti della storia italiana, che vide tra il 1876 e il 1925 più di sei milioni di italiani lasciare il proprio paese per raggiungere gli Stati Uniti. Un'esperienza espositiva che promette di toccare le corde della memoria collettiva, un commovente omaggio in bianco e nero a tutti gli italiani che tra la fine dell'Ottocento e le prime decadi del Novecento emigrarono verso il continente americano.
Curata dalla storica dell’arte Barbara Vincenzi, sostenuta dal Museo Italo Americano of San Francisco, l’esposizione traccia le storie di uomini e donne di qualsiasi età e sesso che, spinti dalla speranza di una vita migliore, tra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo intrapresero viaggi transoceanici estenuanti verso l'America, partendo dai quattro porti d’imbarco autorizzati di Genova, Napoli, Palermo e Messina.
Gente povera, umile, come braccianti, operai, badanti, facchini, lustrascarpe, venditori ambulanti, che si imbarcarono ben consapevoli che molti di loro non sarebbero mai più tornati in patria.
Viaggi per mare su navi a vela o piroscafi che duravano dalle tre alle cinque settimane, resi ancora più faticosi dal sovraffollamento e dalle condizioni igienico-sanitarie dei locali dove gli emigranti trascorrevano l’intera traversata; luoghi che favorivano la rapida diffusione di malattie, dove respirare era quasi impossibile con l’aria piena del fumo e dei vapori delle macchine, e i letti erano formati da sacchi di paglia increspati e maleodoranti sistemati in anguste cuccette di legno, mettendo a dura prova le condizioni fisiche di passeggeri che, in molti casi, erano scarse già prima della partenza.
Scrive Matteo Collura nel suo testo in catalogo: “così come quando lessi Sull’oceano di Edmondo De Amicis, nella mia immaginazione prese forma la crudele epopea dell’emigrazione, nell’osservare in anteprima queste opere, ecco le immagini coincidere con l’idea visiva che, suggestionato da quella lettura, avevo messo a punto a proposito dell’esodo in mare dei nostri emigranti. Questo perché – e dico una cosa ovvia per chi ha pratica di letteratura – la pagina scritta è quella che più si avvicina all’arte pittorica”.
LA MOSTRA
Attraverso una selezione di venti opere evocative, tutte datate 2023, realizzate in tecnica mista su tela o tavola e delle quali due rappresentative delle città di Genova (il porto) e San Francisco (il Golden Gate), Giovanni Cerri esplora la memoria collettiva di un'epoca caratterizzata da profonde trasformazioni sociali e culturali.
L’intera narrazione visiva volutamente in bianco e nero, come se fosse essa stessa documento storico, è un invito a riflettere sul passato migratorio italiano e nasce da un attento lavoro sulla memoria e sul ricordo di quello che sono stati i nostri antenati che, a cavallo tra i due secoli, affrontarono il mare per cercare fortuna in un altro continente, con tradizioni, abitudini e leggi differenti.
Una mostra la cui genesi è iniziata dal recupero “in rete” di immagini, documenti, fotografie e cartoline capaci di condensare il senso di storie tanto intense quanto drammatiche: la ressa sui moli, le visite mediche prima dell’imbarco, la salita sulle navi con valigie enormi e pesanti caricate a fatica sulle spalle, i saluti struggenti, gli addii, i volti di bambini e adulti, il gesto del primo avvistamento del suolo americano, il grido “l’America!” e il saluto alla Statua della Libertà, il mettersi in fila per le ispezioni, l’attesa dello sbarco verso un mondo sconosciuto.
Immagini capaci di restituire una prospettiva intima sui sacrifici e le speranze dei nostri antenati, che svolgeranno un ruolo chiave negli Stati Uniti nella costruzione di infrastrutture come grattacieli, ponti e ferrovie, così come nel settore agricolo. Uomini e donne che contribuirono a plasmare il mondo che conosciamo e in cui oggi viviamo.
Dei dipinti presenti al Galata Museo del Mare uno solo, intitolato “Il viaggio”, è a colori. Un quadro di grandi dimensioni (150x250) “quasi astratto e privo di narrazione diventa una sorta di porta virtuale e l’inizio di un viaggio interiore, lo stesso percorso che ha affrontato l’artista intraprendendo questa avventura, lo stesso, in un arco temporale differente, che intraprenderanno i visitatori”, come sottolinea Barbara Vincenzi nel suo testo in catalogo.
Esposto senza telaio come fosse una vela di una nave, attraverso macchie di colore, colature e linee casuali, simboleggia l'incertezza e il non definito di determinate avventure della vita, lasciando al visitatore la più completa libertà di riflessione sul significato del viaggio e dell’importanza di tutte quelle storie individuali e collettive che allora contribuirono a comporre il tessuto della nostra identità nazionale.
La mostra rende infine omaggio anche a tre figure emblematiche legate all'emigrazione italiana: Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (Nick and Bart), i due attivisti e anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti (il primo operaio in una fabbrica di scarpe, il secondo venditore ambulante di pesce) che nel 1927 furono condannati alla sedia elettrica per l’omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio “Slater and Morrill” di South Braintree nello Stato del Massachusetts, per poi venire assolti cinquant’anni dopo dal Governatore Michael Dukakis; George Moscone, il sindaco di San Francisco di origini liguri progressista e difensore dei diritti civili ucciso nel 1978 insieme all’attivista Harvey Milk, da un ex consigliere comunale.
La mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione con il Museo Italo Americano of San Francisco e al sostegno di Valla Morrison & Schachne Inc. PC, Mediafilm, Officine Mara, ARAG e Axa e Gec &co intermediazioni assicurative.
Durante la mostra verrà mostrato il video che il regista Mauro Conciatori ha girato nello studio di Giovanni Cerri sul progetto della mostra al Galata Museo del Mare.
Un premio intitolato al grande imprenditore piemontese Riccardo Gualino (nato a Biella il 25 marzo 1879 e morto a Firenze il 6 giugno 1964) è stato istituito dall'Associazione Piemontesi del Mondo in Cina, con il patrocinio della Regione Piemonte e del Consolato d'Italia a Shanghai.
Gualino fu per quasi sessant'anni protagonista dell'economia italiana ed internazionale, distinguendosi anche come produttore cinematografico, cultore delle arti e appassionato collezionista.
Ad aggiudicarsi la prima edizione del premio è stata la società Diasorin, con sede a Saluggia (Vercelli), specializzata in produzione e sviluppo di dispositivi medici per la diagnostica e presente in molti paesi del mondo con impianti produttivi e la sua rete commerciale.
Spiega il presidente dei piemontesi in Cina, Adriano Zublena: “Il premio Gualino è rivolto alle imprese con sede in Piemonte con una presenza stabile in Cina e che abbiano saputo, attraverso l'innovazione di prodotti e processi (nel settore sanitario, meccanico, ambientale e agroalimentare) rappresentare al meglio e portare lustro al Piemonte”.
La premiazione è avvenuta mercoledì 28 febbraio a Shanghai, nel ristorante Fu 1015, alla presenza del console generale d'Italia a Shanghai, Rocco Carlo Genchi e, per l'Associazione dei Piemontesi in Cina, del presidente Zublena, del vice presidente Massimo Marin e del tesoriere Nicola Autano, mentre era collegato online da Torino Davide Gandolfi, responsabile del settore Relazioni internazionali e Cooperazione della Regione Piemonte.
A ricevere il premio Gualino tre importanti manager Diasorin: il direttore finanziario dell'azienda in Cina, Colan Hung; il direttore dei programmi industriali, Claudio Samarotto, ed il direttore commerciale Alessandro Marengo.
Queste le motivazioni del premio: “Diasorin si è impegnata nella realizzazione di un nuovo impianto produttivo a Shanghai per la vendita diretta sul mercato cinese ed ha saputo, nel campo sanitario e ambientale, rappresentare al meglio e portare lustro al Piemonte”.
In particolare, “Diasorin si è contraddistinta per la valorizzazione del made in Piemonte, per l'attenzione alla formazione del personale ed il continuo riferimento alla sede piemontese come esempio di efficiente gestione industriali e knowhow, per l'intensa attività di ricerca e sviluppo ed il forte impegno nella sostenibilità ambientale e negli investimenti green”. (focus\ aise)