La voce degli eletti all’estero (3)

ROMA – focus/ aise - “Signor Presidente, prendo la parola per ricordare una persona, un amico, un signore, che è stato un vero punto di riferimento per tutti i cittadini italiani nel mondo, scomparso prematuramente la notte di Pasqua a causa di una grave malattia. Figlio di emigrati, Michele Schiavone aveva raggiunto i genitori in Svizzera, dove ha fatto il suo percorso di studi e conseguito mete professionali non facili da raggiungere per un emigrato”. Così la senatrice Pd Francesca La Marca che il 9 aprile, nell’Aula del Senato, ha ricordato il segretario generale del Cgie scomparso lo scorso 30 marzo, di cui domani verranno celebrati i funerali in Svizzera.
“Per decenni, - ha ricordato La Marca - egli ha dedicato le sue energie al campo associativo, per dare identità ed autonomia alle comunità di emigrati. È stato non meno presente ed attivo nella federazione svizzera del PCI, prima, la più importante all'estero, e poi nella formazione nella quale si è trasformata. Eletto sin dal 2004 nel Consiglio generale degli italiani all'estero, il più alto organo di rappresentanza della collettività italiana nel mondo, ne è stato segretario generale per più mandati, fino ad oggi”.
“Nel CGIE – ha aggiunto la parlamentare eletta all’estero – ha impresso una forte spinta di attivismo, proiettandolo verso un rapporto costante con le istituzioni nazionali e regionali italiane, nel tentativo di far pesare sempre di più la collettività italiana nel mondo, nelle politiche di internazionalizzazione del Paese. Michele ed io legammo subito, sin dalla prima assemblea generale del CGIE alla quale partecipai, molti anni addietro: forse per le origini pugliesi che ci accomunavano, forse per il nostro comune disprezzo per l'ipocrisia che ci circondava, ma soprattutto per un sincero desiderio di vedere rispettata l'enorme diaspora, che lui era convinto fosse una vera e propria risorsa per la madrepatria”.
“Un uomo onesto, instancabile lavoratore, dal cuore grande, indignato per il trattamento sempre meno rispettoso nei confronti degli italiani all'estero da parte delle istituzioni. Una delle ultime cose che mi disse fu di andare avanti e lottare per tutti noi, perché l'Italia e gli italiani riconoscano il nostro valore e ci diano il peso che meritiamo. Caro segretario, caro Michele, sei stato un esempio per milioni di italiani nel mondo e la tua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella nostra comunità”, ha concluso La Marca. “Continuerò a lottare, come mi hai insegnato a fare, ricordando con affetto le tue parole”.
“Nel Regno Unito è entrato in vigore un importante pacchetto anti immigrazione, varato dal Governo guidato da Rishi Sunak, che restringe ulteriormente i criteri post "Brexit" per ottenere il visto lavorativo che consente la permanenza nel Paese”. A ricordarlo è la senatrice di Italia Viva Daniela Sbrollini che ha interrogato il Ministro degli Esteri Tajani per chiedere di “sollecitare l'adozione di criteri per il rilascio del visto” a tutela dei giovani connazionali che già risiedono nel Paese che rischiano di non ottenere il rinnovo del visto.
La nuova misura del governo britannico, spiega Sbrollini, “ha alzato lo stipendio minimo annuo richiesto per ottenere il visto, passando dalle attuali 26.200 a 38.700 sterline. Senza il raggiungimento di tale soglia, nessun lavoratore potrà essere sponsorizzato dalle aziende e quindi ottenere il visto lavorativo. Solo il 27% degli inglesi guadagna quanto il nuovo salario minimo richiesto: appare quindi estremamente difficile per un giovane lavoratore o un neolaureato italiano, che magari ha investito in somme notevoli per formarsi nel Regno Unito, ottenere un lavoro con una retribuzione simile”.
“Nel Regno Unito, - annota la senatrice – secondo i dati dell'AIRE, ci sono attualmente oltre 550.000 italiani, cifra che supera le 700.000 unità se si considerano anche i non iscritti. L'età media è di 37 anni e circa il 30 per cento sono ragazze e ragazzi under 30”.
Inoltre, aggiunge Sbrollini, “tra le misure è stata inoltre introdotta una nuova soglia salariale necessaria per ottenere un documento che consente il ricongiungimento con un familiare nel Regno Unito, passando da 18.600 a 29.000 sterline. La cifra poi, entro l'inizio del 2025, salirà ulteriormente a 38.700; per superare la richiesta salariale quasi proibitiva esiste tuttavia un visto speciale che consente ai lavoratori under 30 o under 35 di restare nel Regno Unito per due anni senza sponsorizzazione. Questo visto è concesso però solo a persone provenienti da Giappone, Australia, Canada, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Monaco, San Marino e Andorra, non includendo quindi alcuno Stato dell'Unione europea”.
“Quanto sopra – sostiene Sbrollini – rappresenta una decisione iniqua, sproporzionata e fortemente pregiudizievole per tutti i cittadini italiani che hanno rapporti stabili e consolidati col Regno Unito o che, comunque, intendono recarvisi per sviluppare relazioni che affondano le proprie radici nella comune storia europea, che sussiste a prescindere dalla Brexit”.
La senatrice, dunque, chiede a Tajani “quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere al fine di sollecitare l'adozione di criteri per il rilascio del visto per il Regno Unito che consenta di tutelare i lavoratori o giovani laureati italiani che attualmente risiedono nel Regno Unito e che rischiano di non ottenere il rinnovo del visto dopo anni di lavoro o investimenti sul proprio futuro professionale”. (focus/aise)