L'ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise – Uno studio internazionale guidato dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Università degli Studi di Milano offre una nuova prospettiva sui legami tra clima, ambiente e sviluppo delle prime società agricole nel Vicino Oriente.
Lo studio, condotto in collaborazione con colleghi delle Università di Udine, Sapienza Università di Roma, INGV, e le università di Melbourne, Taiwan, Poznan (Polonia) e la statunitense William Patterson University of Wayne, è pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
La ricerca, coordinata da Eleonora Regattieri per Cnr-Igg e Andrea Zerboni per l’ateneo milanese, ha analizzato una stalagmite proveniente da una grotta del Kurdistan iracheno, che conserva una registrazione continua dei cambiamenti climatici e ambientali avvenuti tra 18.000 e 7.500 anni fa. Si tratta di un periodo cruciale per la storia dell’umanità, che include la fine dell’ultima era glaciale e l’inizio dell’Olocene, quando nella Mezzaluna Fertile si affermarono le prime forme di sedentarietà e venne introdotta l’agricoltura.
Grazie a una serie di analisi geochimiche e geocronologiche, il team ha ricostruito le variazioni ambientali con una precisione senza precedenti per quest’area. I risultati mostrano che gli eventi climatici registrati nei ghiacci della Groenlandia ebbero riflessi diretti anche nel Vicino Oriente: le fasi più piovose coincisero con i periodi di riscaldamento globale, mentre gli episodi freddi, come lo Younger Dryas, portarono a condizioni più secche, che promossero anche forte erosione trasporto di polvere in atmosfera.
Lo studio evidenzia l’impatto di tali eventi globali in questa regione e in un periodo chiave della storia umana, suggerendo però che le risposte delle comunità locali non furono uniformi, ma differenziate in funzione dei contesti ambientali regionali. In particolare, alle pendici dei Monti Zagros - in un ambiente eterogeneo e caratterizzato da una forte variabilità climatica alla scala secolare - le comunità svilupparono strategie di sussistenza più mobili e flessibili, seguendo una traiettoria culturale distinta rispetto a quella del Levante, ma anch’essa capace, con il progressivo stabilizzarsi del clima, di evolvere verso la stanzialità e la nascita dei primi insediamenti agricoli.
“Questa ricerca amplia e approfondisce i risultati di un precedente studio del 2023, che documentava i rapporti tra variazioni idrologiche e l’uso delle risorse idriche nella stessa area durante i primi millenni dell’Olocene. Insieme, i due lavori delineano per la prima volta una visione di lungo periodo — dai 18.000 ai 7.000 anni fa — dell’evoluzione climatica e ambientale nel cuore della Mezzaluna Fertile e del suo impatto sulle prime comunità umane”, spiega Eleonora Regattieri (Cnr-Igg). “I nostri dati mostrano che la transizione verso l’agricoltura non fu un processo uniforme, ma il risultato di traiettorie culturali differenti sviluppate per ottimizzare l’uso delle risorse nei diversi contesti ambientali.
Non solo. La ricerca, rafforza anche il ruolo delle grotte e dei loro depositi come archivi naturali fondamentali per la ricostruzione del clima del passato e per comprendere gli adattamenti umani ambiente e lo sfruttamento delle risorse naturali.
“Lo studio sottolinea l’importanza del Kurdistan come area chiave per comprendere l’interazione tra clima, ambiente e società durante la neolitizzazione, il momento in cui si è passati da una economia di sussistenza ad una produttiva”, conclude Andrea Zerboni (Università degli Studi di Milano).
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha approvato l’istituzione del Centro di Caratterizzazione Geofisica per Einstein Telescope (CCGET), una nuova struttura dedicata allo studio approfondito del sottosuolo della Sardegna. Con la sua realizzazione l’INGV punta a consolidare il proprio contributo scientifico alla candidatura italiana per realizzare l’osservatorio di onde gravitazionali Einstein Telescope (ET) nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos, in provincia di Nuoro.
Dall’inizio del 2026, il Centro avrà il compito di coordinare e pianificare le varie attività di caratterizzazione geofisica previste per integrare gli studi a supporto della candidatura del sito sardo. Tra queste spicca un rilievo elettromagnetico che restituirà una mappa tridimensionale ad alta definizione dell’intera area che potrebbe ospitare l’infrastruttura sotterranea. Il rilievo verrà effettuato attraverso un elicottero equipaggiato con una grande antenna che sorvolerà l’area a poche decine di metri di altezza e indirizzerà verso il suolo le onde elettromagnetiche. Le correnti indotte nel sottosuolo forniranno informazioni dettagliate sulla composizione delle rocce, sul grado di fratturazione e sulla eventuale presenza di fluidi. Le operazioni termineranno prima dell’estate e, in seguito all’elaborazione dei dati raccolti, saranno programmate altre campagne geofisiche per indagare eventuali criticità.
Il nuovo Centro, coordinato dal ricercatore INGV Carlo Giunchi, avrà una durata triennale, legata al raggiungimento dei suoi obiettivi e all’esito della scelta del sito che ospiterà il nuovo osservatorio. Opererà in stretta collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), le università sarde e il governo locale della Regione Autonoma della Sardegna. Inoltre, rafforzerà il contributo dell’INGV all’interno della collaborazione internazionale ET, favorendo la partecipazione dei propri ricercatori alla realizzazione di prodotti e servizi scientifici. Svolgerà, infine, attività di comunicazione, formazione e disseminazione sul contributo delle indagini geofisiche non solo al progetto ET ma al miglioramento della conoscenza del territorio sardo nell’ambito del complesso quadro geologico e geodinamico che caratterizza la penisola italiana.
L’INGV è impegnato nel sito sardo fin dal 2019 e, più recentemente, ha operato nell’ambito delle attività di FABER (Far fAult oBsERvatory), parte del più ampio progetto PNRR MEET (Monitoring Earth's Evolution and Tectonics) di cui l’Istituto è capofila. Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), il 9 febbraio 2023, ha istituito con decreto del Ministro Anna Maria Bernini un Comitato Tecnico-Scientifico di alto profilo a sostegno della candidatura italiana, presieduto dal Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. (focus\aise)