L'eco dell'UE

ROMA – focus/ aise – I cittadini dell’Unione Europea con disabilità incontrano ancora troppe barriere nell’accesso all’occupazione, alla protezione sociale, all’istruzione, all’assistenza sanitaria, all’alloggio e ai servizi digitali. È quanto affermano gli eurodeputati nella relazione adottata con 490 voti a favore, 9 contrari e 109 astensioni, con cui vengono adottate le priorità per la strategia dell’UE sui diritti delle persone con disabilità per il periodo 2025-2030.
Nella relazione si chiede che la strategia includa misure concrete e strumenti legislativi per fornire maggiori garanzie e tutele giuridiche alle persone disabili.
GARANZIA SU OCCUPAZIONE, COMPETENZE E DEFINIZIONE UE DI “DISABILITÀ”
Per migliorare la situazione occupazionale delle persone con disabilità e aumentarne il tasso di occupazione, i deputati propongono una garanzia su occupazione e competenze finanziata dall’UE, nonché misure per facilitare l’accesso alla formazione e all’istruzione. Nel testo si invita inoltre la Commissione a proporre una definizione comune di “disabilità” a livello europeo, per garantire pari diritti a tutti i cittadini con disabilità. Bisogna stabilire sanzioni e penalità chiare per le autorità pubbliche e private che non rispettano gli obblighi di accessibilità dell’UE, affermano i deputati.
FOCUS SU DONNE E RAGAZZE CON DISABILITÀ
Nella relazione, i deputati dedicano particolare attenzione alla situazione delle donne e delle ragazze con disabilità, sottolineando la necessità di affrontare le discriminazioni che subiscono e migliorare il loro accesso all’assistenza sanitaria, alla partecipazione e alla protezione. Chiedono inoltre una migliore accessibilità nello sport, nei trasporti, nei prodotti e nelle tecnologie digitali. Inoltre, i deputati accolgono con favore le piattaforme e le normative esistenti, come AccessibleEU, l’Atto europeo sull’accessibilità e la direttiva sull’accessibilità del web, ma sottolineano la necessità di rafforzarle e attuarle.
Infine, i deputati accolgono con favore le piattaforme e le normative esistenti, come AccessibleEU, l’Atto europeo sull’accessibilità e la direttiva sull’accessibilità del web, ma sottolineano la necessità di rafforzarle e di garantirne la piena attuazione.
Nuove norme per aumentare la trasparenza e la responsabilità democratica del lobbying di paesi terzi in Europa. Questo è quanto adottato giovedì scorso dal Parlamento europeo (392 voti favorevoli, 88 contrari e 133 astensioni). I deputati hanno rafforzato quindi la proposta originaria della Commissione affinando le definizioni e introducendo garanzie per evitare la stigmatizzazione di attività legittime che possono contribuire positivamente al dibattito pubblico.
La direttiva, spiega l’Europarlamento, riguarda le attività di rappresentanza di interessi dietro remunerazione (o altre forme di compenso) che mirano a influenzare le politiche, le leggi o il processo decisionale dell’UE. Ciò include l’organizzazione o la partecipazione a riunioni e conferenze, la presentazione di contributi a consultazioni o audizioni, campagne di comunicazione (anche tramite influencer sui social media), la preparazione di documenti strategici, la proposta di emendamenti e la realizzazione di sondaggi.
Sono escluse attività come funzioni governative o diplomatiche ufficiali, servizi dei media, consulenza legale e ricerca accademica. I deputati vogliono inoltre tutelare le attività delle organizzazioni della società civile, per cui i finanziamenti da sovvenzioni di paesi terzi non collegati al lobbying non saranno considerati remunerazione.
Per rafforzare la trasparenza e la responsabilità democratica, la direttiva stabilisce che le autorità nazionali indipendenti adottino registri obbligatori, collegati tramite un portale centralizzato dell’UE. Dopo la registrazione, alle entità sarà assegnato un numero unico europeo di rappresentanza d'interessi (EIRN), valido in tutta l’UE. I deputati sottolineano che i dati devono essere presentati in modo fattuale e neutrale, e che la semplice registrazione non deve creare un clima di sfiducia.
Il Parlamento intende garantire infatti che, a differenza di alcune leggi sugli “agenti stranieri” in alcuni paesi, la direttiva non possa essere usata per etichettare o penalizzare determinate entità, comprese le organizzazioni della società civile, né per limitare l’impegno civico. Inoltre, non deve essere impiegata per vietare attività o imporre la divulgazione di finanziamenti da paesi terzi non collegati alla rappresentanza di interessi.
“La trasparenza non è una questione ideologica, è una condizione fondamentale per la fiducia democratica – ha spiegato la relatrice Adina Valean (PPE, Romania) -. Con questa direttiva, chiunque intenda influenzare le decisioni dei paesi dell’UE per conto di un governo straniero dovrà registrarsi ed essere visibile. Si stabiliscono regole chiare e uniformi in tutta Europa, senza etichettare o gravare le organizzazioni legittime.” (focus\aise)