Acqua pulita, strutture igienico sanitarie e sicurezza alimentare: CBM Italia in Sud Sudan

ROMA\ aise\ - Conflitti e instabilità economica, disastri climatici come siccità e inondazioni, grave insicurezza alimentare e scarsità di servizi essenziali per vivere: è la crisi umanitaria che sta vivendo il Sud Sudan, Repubblica nata nel 2011 nel centro-est dell’Africa. È la nazione più giovane al mondo e anche tra le più povere al mondo, con 9 milioni di persone, cioè il 75% della popolazione, che hanno bisogno di protezione e assistenza umanitaria. Oltre a queste, ci sono migliaia di rifugiati fuggiti dal conflitto in corso nel vicino Sudan; secondo l’ONU ogni giorno ne arrivano 1.500.
CBM Italia - organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia ­ è presente in Sud Sudan con numerosi progetti, in particolare nelle zone più a rischio come il campo profughi di Gorom, alle porte della capitale Juba, dove vivono 14.000 rifugiati.
“Sono persone che non hanno più una casa e che al momento non hanno neanche la speranza di poter tornare nel loro Paese. Nella recente missione che abbiamo organizzato in questa zona dove l’emergenza è altissima - racconta Massimo Maggio, direttore di CBM Italia - abbiamo raccolto i bisogni primari della popolazione, come la necessità di usufruire di infrastrutture idriche e igieniche, indispensabili per la salute, la sicurezza e la qualità della vita di ogni persona, e in particolare delle persone con disabilità che nei contesti di crisi sono doppiamente vulnerabili perché esposte a un rischio maggiore di privazioni, stigma, morte”.
Uno dei progetti che CBM Italia ha avviato al campo profughi di Gorom è dedicato a 2.500 persone (1.500 rifugiati e 1.000 appartenenti alla comunità ospitante) per migliorare l’accesso all’acqua pulita e alle strutture igienico-sanitarie.
Si chiama “Acqua, Igiene, Speranza: intervento Wash Inclusivo” e si concretizza - anche grazie al sostegno della Fondazione Prosolidar - nella costruzione di pozzi inclusivi con pompe manuali e la relativa formazione di meccanici per la loro manutenzione, e la creazione di un comitato di gestione di tutte le strutture idriche, oltre alla costruzione di latrine accessibili; e si completa con la fornitura di kit igienici specifici per le donne in età riproduttiva e incontri di sensibilizzazione sulla promozione dell’igiene.
In parallelo CBM Italia ha sviluppato a Gorom il progetto “Nutrire il futuro”, dedicato alla sicurezza alimentare (in linea con l’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030), con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri italiano, rivolto a 550 persone (sia rifugiati e membri della comunità ospitante) attraverso varie azioni: formazione sulla produzione e conservazione degli alimenti, le norme igieniche di base, le tecniche agricole resistenti al clima ed efficienti per la gestione dell’acqua. A questo si aggiunge la consegna di attrezzi da lavoro, strumenti di irrigazione e sementi.
I due progetti sono realizzati insieme all’associazione locale Across.
A Gorom sono inoltre presenti le cliniche mobili non chirurgiche che portano servizi oculistici del Buluk Eye Centre (BEC) di Juba, centro oculistico avviato dieci anni fa da CBM con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) e punto di riferimento nazionale per la salute visiva: è l’unico che dispone di un reparto oculistico pediatrico (da settembre 2024).
“Raggiungiamo 200 persone al giorno con screening oculistici gratuiti, diamo medicinali e occhiali”, riporta Racconta Morjakole Santino Alex, responsabile clinico oftalmico del BEC, a capo delle cliniche mobili inviate da CBM Italia al campo di Gorom. “Una delle malattie che riscontriamo più spesso è il tracoma, una malattia tropicale negletta (una patologia infettiva che colpisce chi vive in condizioni di povertà, ndr) che nello stadio avanzato – quando cioè le ciglia si rivoltano all’interno continuando a sfregare la cornea - può portare a una cecità irreversibile. Ma con una diagnosi precoce, somministriamo antibiotici e, in caso serva un intervento chirurgico, mandiamo il paziente al BEC in modo che possa essere operato e così guarire. Quando porti qualcuno dalla cecità a vedere di nuovo, quella persona non ti dimenticherà mai: ecco perché continuerò a dedicarmi all’oftalmologia. Nel rapporto tra noi medici e i pazienti, siamo pochissimi, ma sono molto felice perché ogni giorno vedo i cambiamenti nei servizi che offriamo alle persone, mi sento davvero al servizio della nazione”.
Oltre agli interventi nel campo profughi di Gorom e al progetto di salute visiva che fa capo al Buluk Eye Centre - volto a migliorare l’accesso ai servizi oculistici, anche pediatrici, e riabilitazione negli Stati di Equatoria Centrale, Orientale e Lakes - CBM Italia è presente in Sud Sudan con progetti specifici di prevenzione e cura di tracoma e oncocercosi (cecità fluviale). (aise)